Fondato a Racalmuto nel 1980

“Ecco come nascono i miei friscaletti”

Incontriamo Liborio Gaziano, uno dei pochissimi artigiani siciliani che ancora rendono viva l’arte dei “mastri friscalittara”. “Ho impiegato circa otto anni per affinare la mia tecnica, anni di prove, sbagli e scoperte”. 

Liborio Gaziano

Sentirlo suonare è sempre un tuffo nella sicilianità più tipica e vivace, a prescindere che ci si trovi sulla nostra isola o meno. Inconfondibile il timbro e ancor di più il ritmo che scandisce tutt’intorno. Non è concepibile festa tradizionale o ballo folkloristico senza la sua presenza. Il friscalettu siciliano, strumento musicale piccolo ma pilastro delle sonorità che da sempre ci accompagnano, ha un’ulteriore peculiarità, la sua realizzazione di nicchia e silente.

La storia, le parole e le emozioni del sabettese Liborio Gaziano, uno dei pochissimi artigiani siciliani che ancora rendono viva l’arte dei “mastri friscalittara”.

Liborio, da dove viene e come nasce questa tua passione per uno strumento così particolare?

Sin da piccolo ho subito il fascino del friscalettu e guardavo estasiato il mio bisnonno (Salvatore Gaglio) mentre li realizzava. Poi, intorno ai dieci anni ci provai anch’io ma con scarsissimi risultati. Erano i tempi in cui i giocattoli ce li costruivamo noi bambini con tutto ciò che potevamo rimediare, ma non avendo attrezzi abbastanza adeguati alla sua costruzione, finii col dimenticarmene, anche se questa passione, senza saperlo, mi scorreva nel sangue.

E poi cosa avvenne? Ci sarà stata certamente una scintilla che ha avviato tutto…

Liborio Gaziano

Ero poco più che ventenne e avevo cominciato a lavorare. Avevo da poco comprato anche la mia prima macchina e tutto riprese da una serie di diverse vicende tutte però legate tra loro e che non potrò scordare. Sono un appassionato di caccia e un giorno mi trovai, credo fosse un mese di giugno dei primi anni ‘80, in una vallata appena fuori Santa Elisabetta, il mio paese, ad addestrare i due cuccioli che possedevo allora. Proprio in quella zona cresceva un piccolo canneto, dove vidi un trancio di canna già secca. La presi, la sistemai a mo’ di bastone e proseguii. Al ritorno buttai via quel pezzo di canna perché pensavo che non potesse più servirmi. Ma ci ripensai, lo ripresi e me ne andai. Venne poi il mese di agosto di quell’anno e in paese ci fu un concerto di un gruppo folk in cui sentii il suono del friscalettu che subito mi fece ricordare di quel pezzo di canna che mi ero portato a casa. Incuriosito, aspettai che avessero finito di esibirsi e chiesi al suonatore di friscalettu – Toto Gueli, un mio compaesano che si era però trasferito a S. Angelo Muxaro – di poter vedere quel suo strumento appena suonato. Lui, un po’ geloso, me lo fece guardare appena qualche secondo, giusto il tempo per me di memorizzare come fosse strutturato. E proprio quello fu il momento preciso in cui tutto ha avuto inizio.

Una curiosità: come hai imparato e poi affinato l’arte (perché di questo si tratta) di realizzarli?

Pochissimo tempo dopo, il mio primo friscalettu era già pronto. Esteticamente discreto ma ancora stonato come una campana. Toto Gueli, che lo suonò per primo, rimase però molto colpito dal timbro del suono, che definì molto buono. Costruire un friscalettu non è affatto semplice, anzi è di una complessità enorme, perché non ci sono misure standard, ogni singolo cannolo (ovvero quel tratto di canna che va da nodo a nodo della canna stessa) ha delle dimensioni diverse e quindi si deve adeguare il lavoro a ogni particolare pezzo di canna. Tra l’altro, essendo uno strumento musicale non puoi lasciare nulla al caso. Ho impiegato circa otto anni per affinare la mia tecnica, anni di prove, sbagli e scoperte. Certe volte mi svegliavo pure di notte per capire dove avevo sbagliato e mi mettevo a lavoro alle tre del mattino per cercare di individuare e poi correggere l’errore che avevo fatto. Mi ero intestardito e volevo, anzi dovevo, riuscirci. E ogni fallimento per me era un insegnamento. Ne ho buttati talmente tanti di friscaletti sbagliati da poter riempire una barca. Ancora oggi, anche dopo tutta l’esperienza maturata, imparo sempre qualcosa di nuovo e sono molto soddisfatto del frutto di tanti sacrifici, dalla pulizia di costruzione dei miei strumenti alla loro diteggiatura, dall’intonazione al suono che deve essere il più possibile pastoso, limpido e squillante.

Tu selezioni direttamente all’origine la materia prima che ti serve e la “plasmi” per poi raggiungere il risultato che conosciamo: raccontaci il tuo approccio e come avvengono le singole fasi di realizzazione.

Per prima cosa bisogna individuare un canneto che non sia troppo vicino a fonti d’acqua, fiumi o laghi. Più “siccagna” è la zona e più le fibre della canna sono compatte e legnose. Le zone umide, infatti, rendono le fibre meno robuste e dopo la stagionatura la canna risulterà essere più morbida, paglierina, quindi non idonea per realizzare i friscaletti. Inoltre, l’altra accortezza sta nel fatto che le canne si devono raccogliere nei mesi più freddi dell’anno e soprattutto nei primi giorni di luna calante. Le stesse canne poi si lasciano stagionare per almeno due anni (più la stagionatura è lunga e meglio è), quindi sarà poi possibile iniziare la loro lavorazione. Le successive fasi di lavoro consistono nell’individuare il cannolo da lavorare, prendere le misure e tagliarlo, facendo molta attenzione a lasciare da una parte il nodo e dall’altra l’estremità aperta, dove poi si andrà a inserire la “zeppa” (il tappo). Mi perdonerai e mi auguro che mi perdoneranno anche i lettori, ma i dettagli di realizzazione, ovviamente, li custodisco gelosamente…

Friscaletti di Liborio Gaziano

Il friscalettu è uno strumento fondamentale della tradizione musicale siciliana: hai mai pensato di trasmettere la tua esperienza e le tue conoscenze in modo tale da avviare una vera e propria “scuola” sabettese di “mastri friscalittara”? Sarebbe qualcosa di unico nella nostra zona, e non solo...

Per permettere di capire meglio, voglio però prima farti una breve sintesi storica. Esistono tanti tipi di friscaletti e di diverse tonalità. In molte zone della Sicilia, secoli fa, si utilizzava il friscalettu fatto in casa, che era suonato a piacimento di ogni possessore. I più utilizzati erano il “3+2” (che sarebbe la tipologia con tre fori sopra e due sotto), il “4+2”, il “5+1” e anche il “doppio”, cioè a due canne e più raro. Tutti questi friscaletti venivano accompagnati da tamburelli e triangoli, quindi non avevano bisogno di accordature particolari considerato che il tamburello non si accorda così come il triangolo. Successivamente e col passare dei decenni, soprattutto a Catania, si cominciò a utilizzare un inedito “6+1”, con cui si poteva suonare anche nelle orchestrine, fino a quando, tra gli anni ‘50 e ’60 del Novecento, sempre a Catania (vera e propria capitale per questo particolare strumento), si iniziò ad aggiungere qualche foro in più arrivando al tipo che realizzo io, il catanese “7+2” (quindi con sette fori nella parte anteriore e due in quella posteriore, in tonalità DO), che è quello che oggi utilizzano la maggior parte dei gruppi folk. Venendo alla tua domanda, io purtroppo non credo che ci siano persone realmente interessate a questa arte, considerato che quasi tutti i lavori di artigianato antico sono così poco remunerativi. Ovviamente spero di sbagliarmi. Però avrei trovato un’altra soluzione. In futuro girerò un video dimostrativo sulle tecniche di realizzazione del friscalettu in cui svelerò tutti i miei segreti e i trucchetti da utilizzare, così – spero il più tardi possibile – da consegnarlo poi nelle mani di chi riterrò più appropriato.

Friscaletti di Liborio Gaziano

Tu li fabbrichi e, ovviamente, poi li suoni anche. Che sensazioni si provano ad ascoltare la musica che proviene da qualcosa che tu stesso hai creato? Sono in pochi a poterne parlare…

Nel realizzarli ci metto tutto me stesso ma poi mi limito a eseguire soltanto qualche piccolo pezzo, giusto per l’accordatura e per valutare il tipo di suono emesso. Ed è proprio il suono ciò che mi colpisce sempre e mi piace sentire, la vera caratteristica di questo prezioso strumento che, a parer mio, richiama tutta la sicilianità intrisa nelle danze, nei costumi, nei colori, nei sapori e nelle tante cose stupende che la nostra terra ci offre. La soddisfazione è tantissima, immensa, quando senti che quel suono, quel particolare suono, esce da una tua creazione. Starei ore e ore ad ascoltarlo senza mai stancarmi…

 

 

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