Fondato a Racalmuto nel 1980

“A chi mi crede prendo amore e amore do, quanto ne ho”

4 marzo 1943 – 4 marzo 2023. Oggi Lucio Dalla avrebbe compiuto 80 anni. Il grande cantautore bolognese amava molto la Sicilia, “…e In Sicilia cercò di vivere il più possibile da vero siciliano”

Lucio Dalla, statua in piazza Cavour a Bologna realizzata da Antonello Paladino (Foto Raimondo Moncada)

Lucio Dalla non solo bolognese, ma anche siciliano, agrigentino, di altre terre del Sud. Lo ha dichiarato pubblicamente, lo ha scritto e lo ha pure cantato. Come non ricordare il suo eremo in Sicilia, sulle pendici dell’Etna, a Milo, vicino l’abitazione dell’amico Franco Battiato, dove si ritirava, si ricaricava, produceva vino e trovava ispirazione per le sue nuove composizioni con i profumi, il calore, il fascino, la storia della terra del sole.

Ha scritto canzoni come Siciliano, tanto per rimanere in Sicilia, Henna, per allacciarci alla drammatica attualità, che risuona contro la guerra in Ucraina, in filo diffusione, in Via D’Azeglio, a pochi passi da Piazza Maggiore, dove aveva casa:

Troppo sangue qua e là sotto i cieli di lucide stelle

Nei silenzi dell’immensità

ma chissà se cambierà oh non so

se in questo futuro nero buio

Forse c’è qualcosa che ci cambierà

io credo che il dolore è il dolore che ci cambierà 

Adesso basta sangue

ma non vedi

Non stiamo nemmeno più in piedi… un po’ di pietà.

Ricordo Lucio Dalla nell’anniversario della sua nascita, avvenuta il 4 marzo del 1943, cogliendo un aspetto a me caro: il suo intimo legame con la mia terra, la Sicilia, così da sentirmi ancora più fiero delle mie radici, delle mie origini.

“Io dove vado lascio il mio cuore”, ha detto Lucio Dalla ad Agrigento, sul palco della Valle dei Templi, il 15 maggio 2005, nel presentare una versione siciliana della sua canzone simbolo Piazza Grande con l’arrangiamento e l’accompagnamento dei Dioscuri – il gruppo creato nel 1973 da Eduardo Cicala e Giovanni Lo Brutto – con marranzano, friscalettu, percussioni, fisarmonica, mandolini, chitarre.

Un esperimento, “una fusione tra due etnie musicali”, un’improvvisazione, che ha voluto lo stesso artista bolognese “a dimostrazione di quello che dico”, del suo genuino sentimento per la Sicilia e per i luoghi da lui tanto amati e abitati. Nell’esibizione della Valle dei Templi, scrive il giornalista Mario Luzzatto Fegiz nel libro Lucio Dalla – Primo tempo (Corriere della Sera, 2012), “Lucio Dalla dichiara il suo amore incondizionato per il Sud”

Agrigento, 15 maggio 2005: Lucio Dalla e I Dioscuri cantano “Piazza Grande” in versione siciliana

Lucio Dalla amava veramente la Sicilia, la mia terra, tanto da volerla abitare, respirare, girare, vivere. Ne ho conferma leggendo il libro Dalla Luce alla notte (Bompiani, 2013), scritto da Marco Alemanno, fotografo, scrittore, che per nove anni – scrive – ha vissuto al fianco dell’artista come un regalo: “Lucio adorava la luce siciliana, quei cieli che definiva ‘vergognosamente azzurri’, la cordialità antica e comunque riservata della gente e tutto ciò che fosse profondamente siciliano.. In Sicilia cercò di vivere il più possibile da vero siciliano”.

E Lucio Dalla canta, canta, continua a comporre e a cantare nel palcoscenico della sua nuova dimensione:

Sono siciliano… nord-africano…

un po’ norvegese… ma comunque siciliano.

E canta, canta, con la sua Bologna sempre nel cuore, dove è nato il 4 marzo 1943:

Una famiglia vera e propria non ce l’ho

e la mia casa è Piazza Grande

A chi mi crede prendo amore e amore do, quanto ne ho. 

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