Fondato a Racalmuto nel 1980

“Amò sempre Racalmuto e la campagna della Noce”

Addio a Fernando Cavallaro, avvocato e docente di materie giuridiche prima ad Agrigento e poi a Palermo. Era uno degli ultimi “Amici” della campagna di Leonardo Sciascia. “Ricordo il cenacolo e le conversazioni accanto allo scrittore sempre pronto ad alimentare indimenticabili dialoghi e ragionamenti fra chiacchiere leggere e profonde insieme“, ricorda il giornalista e scrittore Felice Cavallaro

L’Avv. Fernando Cavallaro

Anche se aveva lasciato Racalmuto nel 1965, rimase sempre legato al paese e soprattutto alla campagna della Noce, la contrada rimasta ormai nel mito, luogo che appartiene, grazie a Leonardo Sciascia, agli spazi della letteratura siciliana. Anche se ormai appare un deserto – lo scrittore è morto quasi quarant’anni fa, un tempo interminabile e lunghissimo – aleggia, nella penombra di alberi e case, la presenza di fantasmi che continuano ad abitare qui, in questo eden di paradiso perduto, come lo definì mezzo secolo fa Gesualdo Bufalino. Un luogo mitico, appunto, che si estende fino alla Menta, a Roccarussa, a Garamoli, che sa stregare chi ci vive. E stregati dalla Noce, stabilmente stregati, ce ne furono diversi, da Carmelino Rizzo a Nico Patito, da Nenè Cavallaro ad Aldo Scimè e Leonardo Sciascia.

Poco più giovane di loro era Fernando, l’avvocato morto sabato scorso a Palermo all’età di 92 anni. Era rimasto legato, dunque, alla Noce. Teneva la raccolta di racconti Gli Amici della Noce – con la bella copertina bianca e inchiostro verde che raffigura grappoli d’uva – sempre a portata di mano e alla vista di tutti. Perché lui stesso era stato uno degli “amici” legati tra loro da amicizia vera e affetto condiviso.

Racalmuto, contrada Noce (foto Angelo Pitrone)

Fernando Cavallaro rimase tanto legato alla campagna da voler festeggiare i suoi novant’anni, due anni fa, proprio nella terrazza della Noce, a due passi dal telefono di Donna Pina, dove arrivavano le telefonate da tutt’Italia e dal mondo per sentire il grande scrittore che qui si isolava da tutti, tranne dai suoi amici e paesani con cui condivise quelle “conversazioni in Sicilia” nel cuore di un paesaggio dell’aspra Sicilia.

Tra i primi a salutare l’avvocato, Felice Cavallaro,giornalista del Corriere e direttore della “Strada degli Scrittori” che tiene ancora le luci accese nel deserto della contrada e Fabrizio Scimè, segretario dell’Assemblea regionale Siciliana, rimasto anche lui legato alle pietre e alle ombre della campagna racalmutese.

«Accanto ad Aldo Scimè nei primi anni Sessanta, fra ulivi e pistacchi, c’era anche lui davanti alla vecchia casa in pietra di Leonardo Sciascia – ricorda Felice Cavallaro, che una decina di anni fa condivise con l’avvocato anche numerose riunioni del CdA della Fondazione Sciascia che si era rivolta proprio a Fernando Cavallaro per le modifiche dello Statuto – con lo scrittore che, seduto sulla jttena in gesso, leggeva ora il manoscritto del Giorno della civetta o della Recitazione della controversia liparitana, ai suoi primi lettori. Cioè alla ristretta cerchia degli “amici della Noce”. Come poi si chiamò una raccolta di incisioni corredate da testi dedicati a quella campagna. Testi raccolti in un volume che abbiamo ritrovato in esposizione, in prima evidenza, fra i suoi libri nella casa di Palermo rendendo omaggio all’Avvocato, tante volte prezioso consigliere per ogni dubbio sugli spunti giuridici. Sempre caustico affabulatore, come si mostrava nella sua casa di contrada Noce quando, lungo tanti pomeriggi, si conversava con quegli “amici”, a cominciare dal vicino di campagna, lo scrittore a sua volta pronto ad alimentare indimenticabili dialoghi e ragionamenti fra chiacchiere leggere e profonde insieme».

«Mio padre rimase legato anche al paese e alle tradizioni culinarie – sottolinea Luigi Cavallaro, magistrato e consigliere della Corte di Cassazione, autore di saggi di argomento storico e giuridico – ogni volta che tornava chiedeva cavati, salsiccia ed era ghiotto e goloso dei biscotti al latte. E noi tutti siamo legati a Racalmuto che resta, anche nel ricordo di nostro padre, il luogo dell’anima». E vale per Luigi e anche per la sorella Maria Cristina Cavallaro, cattedratico a Palermo di Diritto amministrativo, un’autorità nel settore.

Con i versi di Machado – palma de oro y el azul sereno, palma d’oro in campo azzurro – Sciascia ci dà chiara rappresentazione di cos’era per lui questa campagna e, se vogliamo estendere il sentimento, tutto il paese. Da questo campo azzurro ora se ne è andato anche Fernando Cavallaro le cui ceneri resteranno a Racalmuto. Un luogo, per chiudere con il Maestro di Regalpetra, «in cui l’amicizia, gli affetti, la bellezza, la morte (anche la morte) hanno un senso».

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