Un colloquio del 1983 con Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino a Palermo. Intervistati da Giuseppe Di Piazza, oggi giornalista del “Corriere della Sera”, i due scrittori parlano di mafia, di guerre, di politica. Riproponiamo il dialogo scritto per il giornale “L’Ora”
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Ha detto che della politica non ne può più...onorevole Sciascia, o forse non la dobbiamo più chiamare cosi? “Ancora per poco: mi dimetterò al principio dell’estate, cosi come era previsto dai primi mesi della legislatura. E’ la rotazione decisa dal partito radicale. Nessuna rottura”. Insomma, Sciascia degli abbandoni: prima il comune di Palermo, adesso Montecitorio. “No, è diverso. Comunque è stata un’esperienza interessante, che tenevo a fare e che ho fatto. Certo, la politica distoglie, ma tornerò a scrivere, a lavorare. Sto preparando un libro su Racalmuto…”.
Leonardo Sciascia è con Gesualdo Bufalino, la scoperta letteraria dell’editore Sellerio, vincitore del premio Campiello con la sua Diceria dell’untore”.
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Lei, Bufalino, quand’è che si darà alla politica? Lo scrittore di Comiso, sessantenne con indosso un abito grigio sottilmente gessato, si schermisce: “Per carità! Io, politica, non ne farò mai. Invidio Leonardo per la forza d’animo e il coraggio che ha dimostrato andando in Parlamento. Ma io, no! Sa, non mi riesce di essere portavoce della coscienza collettiva: sono troppo problematico di fronte alla realtà”. Gesualdo Bufalino, lei sta dicendo che il suo amico Sciascia qui presente non è problematico…”No, è che lui è riuscito a vincersi”.
I due scrittori si guardano e s’annuncia un duetto. Stanno in piedi, tra i quadri appesi alle pareti della galleria “La Robinia”. Sono venuti a Palermo per accompagnare il loro amico Gaetano Tranchino, un pittore surrealista nato a Siracusa , milanese d’adozione, erede dei sogni e delle visioni di Savinio e Viviani.
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Sciascia, che ne dice di tutta questa violenza? ”Beh, a Palermo in questi anni ci sono venuto cosi poco…Quando ho un po’ di tempo vado in campagna”. Però avrà letto i giornali? Avrà saputo che il Cardinale ha organizzato una messa contro la violenza? “Le posso dire che il cardinale Pappalardo è una figura molto apprezzabile: e stato il primo uomo di Chiesa a parlare di mafia. Il fatto poi che si ricorra alle messe per risolvere il problema della mafia può voler dire solo una cosa: visto che gli uomini hanno fallito, non ci resta che metterci nelle mani di Dio”. E sorride.
Bufalino, che ne pensa nella violenza? “L’uomo è violento di per sé. La nostra colpa è di esser venuti nell’universo al momento sbagliato”. E quale sarebbe stato il momento migliore? “Meglio sarebbe stato non nascere”. Sciascia, lei è d’accordo? “Il momento migliore è stato quello in cui si credeva di poter realizzare la pace . Ora ci si crede meno”. Ma come? Milioni di persone nel mondo stanno lottando contro gli armamenti, s’organizzano centinaia di marce per la pace…e voi due? Sciascia: ”E’ vero, il problema è sentito da ogni uomo. Tutti vogliono la pace come tutti vogliono il pane. Però i partiti dovrebbero avere l’intelligenza di lasciar crescere il movimento per la pace nel modo più spontaneo possibile, invece di egemonizzarlo”. Bufalino: “Le marce non possono servire la causa della pace. E poi perché chiamarle “marce”? E’ una parola che evoca brutti ricordi”. Per esempio, il ’22? La marcia su Roma? “Si, ha indovinato”. Sciascia: ”Dovrebbero chiamarle “passeggiate”, passeggiate per la pace “.
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E soffoca una risata. Bufalino, sull’onda del sorriso: “Le guerre si cominciano tutte con una marcia. E poi, seduti si riflette meglio. Le dico: io durante la guerra ero sottotenente senza aver mai saputo sparare. Almeno Sciascia una volta l’ho visto, in fotografia, con un fucile sottobraccio che andava a caccia. Io e le armi, niente. Nessun rapporto”.
Torniamo alla violenza. Lei, Bufalino, parla di violenza dentro ognuno di noi...”C’è una crescita degli atti di violenza individuali e cosi si esorcizza la guerra”. Ed è un bene? “No. Non va bene né l’una né l’altra. E’ un bene che quella privata si scarichi, ad esempio, nel calcio senza arrivare però alle coltellate. Insomma parlo delle manifestazioni domenicali e occasionali come scariche di aggressività”, Bufalino, che libri sta scrivendo? ”Un’operetta su Comiso. Si chiamerà “Museo d’ombre” e la stamperà Sellerio in febbraio. ”Reminiscenze, nient’altro, storie d’adolescenza in provincia. Sarà un libro ben lontano dalle cose di cui abbiamo parlato. Si narra di gente che è morta. Tutti morti. E i morti non hanno mai ammazzato nessuno. Anzi, sono loro ad essere stati ammazzati: è la vita la grande assassina”. Sciascia scrive su Racalmuto e lei su Comiso…”Sì, siamo coetanei, e sarà un modo di mettere a confronto la nostra percezione della provincia”.
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Insomma, Bufalino: lei sta seduto a scrivere e dice che a star seduti si riflette meglio. Però il mondo ha paura della guerra…”Stranamore e Occiciornia. Ha presente Stranamore? Quello che impazzisce e in America preme il bottone della guerra finale. Bene, in Russia c’è sicuramente il suo omologo: si chiama Occiciornia. E il bottone lo possono premere anche in Russia. Anzi, le dirò di più in Russia è più sicuro che ci sia un pazzo in un posto di comando perché quelli savi li mettono tutti in manicomio”. Ridendo: “Non si preoccupi: ho detto tutto per scherzare”.