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“Questa è la mia terra e io la difendo”

A Campobello di Licata, il 23 e 24 agosto, il Festival per il diritto a restare al Sud. Numerosi i giovani del paese agrigentino, e non solo, impegnati nell’organizzazione dell’evento dedicato a Giuseppe Gatì, morto nel 2008 in un incidente sul lavoro, e volto a promuovere la cultura del rimanere

La piazza di Campobello di Licata

Un festival per riflettere sulla cultura del rimanere e riaffermare il diritto a restare al Sud. È questa l’iniziativa promossa dall’associazione Comu Veni si Cunta a Campobello di Licata, per rilanciare le parole e la lotta di Giuseppe Gatì, giovane campobellese morto nel 2008 in un incidente sul lavoro, e che aveva deciso di restare (e difendere) la Sicilia che lo aveva cresciuto.

“Questa è la mia terra e io la difendo” – dal nome del blog attraverso il quale il ventiduenne prematuramente scomparso aveva iniziato a far conoscere le sue idee e battaglie – si terrà, a Campobello, il prossimo 23 e 24 agosto.

L’evento – la cui organizzazione sta già mobilitando diversi giovani da tutta la Sicilia – vuole essere occasione per confrontarsi sul tema centrale dello spopolamento e del ritorno al Sud.

La due-giorni vedrà la partecipazione di accademici, giornalisti, artisti, scrittori oltre che di attivisti/e e realtà locali e regionali, tra cui Malafimmina, Rifai, South Working, Bedda Mè, e molti altri ancora, impegnati su più fronti nella difesa e valorizzazione della Sicilia e della sicilianità.

Gli ospiti saranno coinvolti in tavole rotonde e workshop volti a discutere il diritto a restare e tornare al Sud, ai quali si alterneranno musica e spettacoli, a cura –  tra gli altri –  di Lello Analfino ed Eugenio Cesaro. Tutto in nome delle idee e dell’impegno del giovane Gatì, cui è ispirata l’intera manifestazione.

“Quella di Giuseppe Gatì, per noi giovani campobellesi, era una storia, una testimonianza, rimasta a lungo in sospeso” – dice Carmelo Traina, giovane campobellese, già fondatore della piattaforma Visionary Days e, adesso, tra gli organizzatori di “Questa è la mia terra”.

“Prima ancora della pandemia, prima dell’era del South Working e, più in generale, del digitale, Giuseppe ha deciso di restare a casa sua, a Campobello di Licata, lanciando un messaggio in realtà molto chiaro; e cioè che la necessità, per molti, di andare via dalla Sicilia e dal Sud dipendesse da una mancanza di opportunità e da un grado di povertà frutto di una serie di scelte, di atteggiamenti e, più in generale, di una mentalità di stampo mafioso”.

Un monumento dedicato a Giuseppe Gatì

L’idea di Giuseppe era quella di non “darla vinta” a chi avrebbe voluto decidere per lui e per il suo futuro, difendendo la sua terra martoriata anzitutto attraverso la scelta di restare e, quindi, di analizzare e raccontare, con lucidità e consapevolezza, attraverso un blog, gli eventi e i dibattiti politici e istituzionali che riguardavano da vicino la Sicilia.

“L’immagine che, per molti anni, ci siamo portati dietro è quella del funerale di Giuseppe. La piazza, dinanzi alla Chiesa Madre di Campobello di Licata, gremita di gente e soprattutto di giovani, raccolti nel nome del grido che più gli stava a cuore. I volantini con su scritto ‘Questa è la mia terra e io la difendo’ tappezzavano infatti i muri del del paese”, continua Traina.

Il messaggio lanciato da Giuseppe Gatì risuona, oggi più che mai, attuale. Alla luce dei dati più recenti, solo negli ultimi 10 anni, più di mezzo milione di residenti, la maggior parte dei quali meno che trentenni, ha lasciato il Sud Italia.

In tanti, lontani da casa, si stanno però premurando di riaffermare il proprio diritto a restare o a tornare al Sud, accumunati dal “malessere” di dover lasciare le proprie radici e gli affetti più cari, per andare alla ricerca di un lavoro, a fronte di disparità e disuguaglianze di cui non sono colpevoli.

“Da qui l’idea di provare a discutere, analizzare, interrogarsi e mettere in rete storie, competenze, idee e progetti, quelli che già esistono e quelli che potrebbero nascere, per promuovere un atteggiamento, una cultura volta a riaffermare il diritto a tornare o a restare al Sud”.

Al termine dell’evento si getteranno le basi per la creazione di un Centro Studi, dedicato a Giuseppe Gatì. Un luogo di scambio di idee, visioni e sogni, che possa fornire dati, analisi e strumenti a tutti coloro i quali vorranno provare a realizzarsi “a casa”.

“Abbiamo pensato che fosse arrivato il momento giusto per ridare linfa al messaggio che Giuseppe ci ha lasciato in eredità, immaginando anzitutto un luogo che potesse essere utile a mappare lo stato dell’arte rispetto al divario tra Nord e Sud, che spinge sempre più giovani ad andare via dalla Sicilia, e allo stesso tempo, diventare fucina di ulteriore studio, conoscenza e formazione; poi, abbiamo immaginato un evento, un festival appunto, che potesse lanciare l’idea e diffondere il messaggio, nel tentativo di coinvolgere sempre più persone e realtà, sensibilizzarle e spianare la strada per quello che si spera possa essere presto – conclude Traina – un cambiamento di prospettiva, un cambiamento culturale, che ci induca a valutare tutte le possibilità “sul piatto” prima di prendere la decisione di andar via”.

Per sostenere l’organizzazione del festival e la realizzazione del Centro studi, è stata indetta una campagna di crowdfunding, alla quale è possibile partecipare donando qui: https://www.gofundme.com/f/questa-e-la-mia-terra-per-il-diritto-a-restare?utm_campaign=p_cp+share-sheet&utm_content=undefined&utm_medium=copy_link_all&utm_source=customer&utm_term=undefined

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