Fondato a Racalmuto nel 1980

Che nulla vada perso

Torna il “Racconto della Domenica”

Giuseppina Ministeri

Tiro fuori dal cassetto i vecchi album di fotografie. Sono da qualche giorno diventata nonna e si sa che in queste occasioni inizia la caccia alle somiglianze. Ognuno vorrebbe ritrovare un pezzetto di sé in quel tenero fagottino. Foto dopo foto mi ritrovo nell’immenso giardino della memoria rispolverando vecchi ricordi e sopite sensazioni. Gli occhi mi si illanguidiscono, accenno un sorriso malinconico nel rivedermi bambina felice e protetta tra le Sue braccia ed è allora che il cuore come farfalla leggera inizia a volare a ritroso nel tempo.

Si chiamava Anna ed era mia nonna. Nata sotto il segno della Vergine proprio come me! I grandi dolori per la perdita di un giovane marito e di un figlio diciottenne morto in un incidente sul lavoro non l’avevano incattivita e resa astiosa anzi l’avevano portata a sorvolare sulle inutili beghe della vita. Se, dopo una lite con i miei fratelli, piangendo, mi rifugiavo tra le sue braccia esponendole le mie ragioni, lei, immancabilmente diceva: “Sì, però tu, la prossima volta, evita gioia mia!” Mi ha insegnato a evitare, ancora oggi, non so se è bene o male evitare ma so di certo che non è roba da poco! La nonna sapeva amare ma soprattutto sapeva come far amare. Riusciva a farti vedere il meglio di ogni essere umano. Era prudente, dava grande valore alle parole, le sceglieva con cura calibrandole per ogni persona e situazione. Diceva che le parole sono armi ma sono anche scudo e sta solo nel nostro giudizio, nella nostra saggezza e sensibilità saperle usare nell’uno o nell’altro caso.

Non urlava la nonna, piuttosto le piaceva cantare. Amava la musica, non aveva un genere preferito. Spaziava da “Signorinella pallida dolce dirimpettaia del quinto piano..” a “ Fiori rosa fiori di pesco..”. Conoscevo tutte le sue canzoni come lei le mie. Tra le note la nonna talvolta sembrava felice. Sembrava! Più che nel cantare era bravissima a fischiare. Da bambina mi incantavo al suo fischiare! Con mamma, anche lei brava fischiatrice, ci intrattenevano con avvincenti virtuosi duetti. Avevano, tra l’altro, un loro codice di fischio. C’era il fischio “scendi giù” quello “affacciati alla finestra”e ancora  quello “ Vieni subito, ho bisogno di te”. Ricordo che qualcuno una volta mi disse (erano gli anni 50’) che per una donna fischiare era disdicevole. Ero piccolina e non capivo neanche il significato di quel termine! Lo capivano invece le donne più importanti della mia vita e se ne “IN..fischiavano” altamente!

Nonna e mamma erano un’anima sola, sempre insieme nella buona e nella cattiva sorte, vivevano in simbiosi. Meravigliose quando parlavano veloci la complicatissima lingua “farfallina” che non dava, a noi bambini, la possibilità di capire un fico secco! In genere la usavano quando volevano che passasse inosservato o quantomeno inascoltato un loro diverbio. Tutte quelle F che frettolose riempivano la stanza ci rintontivano ma nel contempo riuscivano a proteggerci da un mondo adulto che talvolta perde la pazienza, si adira e litiga.

In una foto appare con un grembiule stretto in vita pronta ad affrontare i lavori domestici (in quegli anni, guai a non indossare il famoso grembiule!). Sorrido. Si rammaricava di non essere provetta cuoca e al di là della salsa di pomodoro, del pollo alla cacciatora e della caponata di melanzane, non amava cucinare. Quasi a giustificarsi sosteneva che le privazioni alimentari della guerra che aveva vissuto come profuga d’Africa non le avevano certo consentito di cimentarsi ai fornelli. Al mio paese tutte le nonne sapevano cucinare ma scommetto che pochissime sapessero nuotare come lei. Da bambina, sicuramente, ho mangiato meno “ mmiscati” delle mie amichette ma mi sono beata a guardare il mio mito, con il suo costume nero e grigio, a volte lottare coraggiosamente contro  onde capricciose, a volte lasciarsi andare tranquillamente tra mare e cielo. Queste sue particolarità rendevano orgogliosa me e lontana dai soliti cliché la mia nonna!

Era una donna dell’11’ eppure trasudava di modernità e con i pochi strumenti che possedeva, armata solo dall’esperienza del vivere, mi preparava a diventare donna forte. Dentro quel suo ripetermi “Ricorda, piccola mia, che nella vita una donna deve sempre mangiar del suo!” c’era l’incitamento allo studio, alla conoscenza, alla libertà, all’indipendenza anche economica.  Quante sensazioni e quanti ricordi riaffiorano guardando vecchie foto! Quella sua mano leggera che mi stringeva saldamente a lei e quell’incitamento al sorriso. Tenerezza infinita! Lei con il lutto nel cuore che sorrideva per me nell’intento di lasciare un ricordo gioioso. Era amore. Le somiglio e sono felice di aver avuto con lei un rapporto privilegiato perché ci siamo vissute per tantissimo tempo. Da giovane bisnonna qual era ha cullato i miei figli e ha potuto aiutarli ad attraversare gli inevitabili turbamenti adolescenziali.

Quel 14 Giugno, mentre tutta la famiglia era intenta a preparare la cena, Lei mi accompagnò alla porta, le carezzai i capelli, pensai che con quel taglio sembrasse un pulcino. Mi abbracciò forte dicendomi: “Chissà se ci vedremo ancora!”.  Era il suo saluto ad ogni mia partenza! Un’ora dopo, inaspettatamente, si addormentò per sempre sulla spalla di mia sorella, in silenzio, discretamente, portando sul volto quella serenità con cui, nonostante i mille stenti e i suoi grandi dolori, ci aveva inondato.

Si chiamava Anna, era mia nonna, nata sotto il segno della Vergine, come me non amava cucinare ma sapeva nuotare. Chiudo gli occhi e mi piace immaginarla, giovane e bellissima, cullare dolcemente quel fagottino rosa che portava il mio nome. Carezzo le foto, chiudo l’album. Con i lucciconi agli occhi accenno un sorriso e sussurro: “Tranquilla nonna, mangio ancora del mio e anche mia figlia mangia del suo!“.

Penso che scriverò di Lei per il mio nipotino in modo che quel suo viso sorridente, su queste vecchie foto in bianco e nero, si ammanti di storia e di un vissuto d’amore, all’insegna del mio, ormai risaputo, dire “Che nulla vada perso”.

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Racconto vincitore della VI Edizione del Concorso letterario nazionale “Raccontami, o Musa…”, bandito dalla Associazione culturale Musamusìa di Licata, presieduta da Lorenzo Alario, in collaborazione con la testata giornalistica online Malgradotuttoweb. Direttrice artistica del Concorso letterario la prof.ssa Angela Mancuso. Presidente di giuria Raimondo Moncada.

 

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