Fondato a Racalmuto nel 1980

In memoria dei Giudici assassinati dalla mafia

Olinda Lo Presti, pittrice palermitana di formazione espressionista, rievoca attraverso undici ritratti il tragico ventennio in cui molti Magistrati siciliani furono vittime di una costante escalation di omicidi e attentati

Olinda Lo Presti

Il recente arresto di Matteo Messina Denaro ci riporta al lungo e tragico periodo in cui l’organizzazione mafiosa “Cosa Nostra” uccise in Sicilia più di 500 vittime innocenti fra cui importanti esponenti dello Stato, della magistratura, della politica, del giornalismo e della cultura che ne avevano denunciato e contrastato i lucrosi interessi economici e finanziari.

Un periodo terribile caratterizzato, nei ventuno anni intercorsi tra il 1971 e il 1992, da un clima di vera e propria “guerra di mafia”, in cui la magistratura siciliana fu oggetto di una costante escalation di omicidi e attentati che, tutt’oggi, non hanno precedenti in nessuna parte del mondo, non a caso furono uccisi undici Giudici che con il loro lavoro avevano duramente e significativamente contrastato lo strapotere mafioso dell’Isola e fortemente compromessi l’organizzazione e gli interessi internazionali di Cosa Nostra.

Olinda Lo Presti, pittrice palermitana di formazione espressionista, rievoca quel tragico ventennio attraverso la realizzazione di undici ritratti che costituiscono la galleria “Memoriam Iudicorum” a partire dal procuratore di Palermo Pietro Scaglione, ucciso nel 1971 da Luciano Liggio, in quel periodo capo del Clan dei Corleonesi e, con Salvatore Riina, al comando della “Commissione” di Cosa Nostra.

Quella “Commissione” che nel 1979 scatenò una serie di “omicidi eccellenti” che portarono in quei mesi all’uccisione del giornalista Mario Francese (26 gennaio), del segretario democristiano Michele Reina (9 marzo), del commissario di polizia Boris Giuliano (21 luglio), e all’uccisione del giudice Cesare Terranova (25 settembre) che, da deputato uscente del PCI della Camera, si accingeva a ricoprire l’incarico di capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo.

Nel 1980 furono assassinati Piersanti Mattarella (6 Gennaio), Presidente della Regione siciliana, Emanuele Basile capitano dei carabinieri (4 Maggio) e il procuratore di Palermo Gaetano Costa (6 agosto), che venne fatto uccidere dal boss Salvatore Inzerillo per dimostrare ai “Corleonesi”, che anche lui era capace di ordinare un omicidio “eccellente”.

A seguito dell’omicidio di Pio La Torre e del suo collaboratore e dall’emanazione della cosiddetta Legge Rognoni-La Torre (13/9/1982) i mafiosi scatenarono pesantissime ritorsioni contro i magistrati che la applicarono, infatti il 26 gennaio 1983 venne ucciso il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, impegnato in importanti inchieste sui mafiosi della provincia di Trapani e il 29 luglio un’autobomba uccideva Rocco Chinnici, capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, insieme ai due agenti di scorta e al portiere del condominio.

Successivamente alla sentenza di primo grado del cosiddetto Maxiprocesso, il 25 settembre 1988, veniva ucciso, assieme al figlio Stefano, il giudice Antonino Saetta che sarebbe dovuto andare a presiedere il grado di Appello del Maxiprocesso dopo aver già condannato all’ergastolo i responsabili dell’omicidio del capitano Emanuele Basile.

Il 14 Settembre 1988 veniva assassinato a Trapani, per decisione di Totò Riina, il giudice Alberto Giacomelli, appena pensionato, in quanto nel 1985 aveva firmato il provvedimento di sequestro dei beni a Gaetano Riina, fratello del boss.

Nel 1990 ad Agrigento, in ambito e per finalità diverse rispetto ai precedenti omicidi, veniva assassinato il giovanissimo giudice Rosario Livatino (21 Settembre) per mano di quattro sicari della “Stidda agrigentina”, espressione di Cosa Nostra, ma verso questa alternativa e conflittuale.

Il 23 maggio 1992 avveniva l’efferata Strage di Capaci, il tragico attentato in cui perdevano la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anch’essa magistrato, e gli agenti di scorta a seguito della conferma in Cassazione (30/1/1992) di tutte le condanne del Maxiprocesso, istruito da Falcone e Borsellino, compresi i numerosi ergastoli a Riina e agli altri boss. E, infine, il 19 luglio dello stesso anno avveniva la Strage di via d’Amelio, in cui rimanevano uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta, per motivi tutt’oggi oggetto di indagine.

Per la Lo Presti “Gli omicidi di tutti questi Magistrati non sono soltanto, come potrebbero apparire, le ritorsioni “mirate” di Cosa nostra verso giudici che ne hanno contrastato il potere e la ricchezza economica e finanziaria, ma sono anche il chiaro proposito di delegittimare la giustizia e, dunque, di non riconoscerne funzioni e ruolo. Cioè l’esplicita dichiarazione di non riconoscere lo stato di diritto nella arrogante e barbara visione omicida di un’organizzazione che per troppo tempo si è, di fatto, autoproclamata quale “Stato nello Stato”.

Ed è allo Stato, che ha assicurato questi criminali in regime di 41-bis, che Olinda Lo Presti dedica questi ritratti densi di calde cromature nel delineare i tratti umani di questi grandi eroi ricordati nella loro compostezza umana con sfondi che, talvolta, ripropongono i luoghi degli omicidi efferati come Capaci e Canicattì o, più tragicamente, le macerie infuocate di un edificio nel caso di Borsellino, il cui sguardo perplesso sembra volerci, ancora oggi, richiamare sui tanti misteri che ancora avvolgono uno dei periodi più tristi della storia di Sicilia e dell’Italia intera.

Profilo biografico

La ricerca pittorica di Olinda Lo Presti, in origine orientata all’espressionismo astratto, caratterizzato da cromature calde (Oltre i confini della creazione) e tecniche miste di impasti e graffiature (Segnali del Tempo 2012 e Ciclo Abrasioni Fantastiche), nel tempo si è progressivamente rivolta all’espressionismo figurativo delle visioni urbane della Vucciria di Palermo e dei paesaggi dell’entronterra della Sicilia e del Sosio, dove la luce abbacinante avvolge dettagli urbani e territoriali adimensionali.

Costante, in tutto il suo percorso fotografico e pittorico, la ricerca sull’ “Io” donna. Un “Io” solo (Con me), melanconico (Maddalena), funestato da particolari vicissitudini di vita (Disgregazione e Metamorfosi), ma connotato anche da “Vanità”, in alcuni tratti, ingannevolmente passionale (Con il velo rosso), nel continuum di citazioni autobiografiche di autoritratti di coscienza e di memoria. Non esenti in tali rappresentazioni tratti ironici (Maja rivestita e Cariclo) e significativi momenti lirici, come “Nel Tempo” in cui Olinda, in un doppio autoritratto, mette a confronto lei giovane con lei vecchia, rievocando rappresentativamente l’immagine materna.

La ripresa degli esordi, o meglio, la continuità di dialogo con l’universo espressionista, l’ha portata, nell’ultimo periodo, a ridefinire forme e segni del suo nuovo percorso che pare essere indirizzato verso una sorta di espressionismo neorealista entro il quale si colloca, senza apparenti legami se non quelli del formalismo espressivo e cromatico, l’urlo civico del ciclo pittorico “Memoriam Iudicorum” dedicato ai Giudici uccisi dalla mafia in Sicilia

I RITRATTI DEI GIUDICI 

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