Fondato a Racalmuto nel 1980

“Ho cercato donne che sono riuscite a imporsi nel loro tempo”

L’INTERVISTA La casa editrice Laterza pubblica il saggio di Gaetano Savatteri dedicato alle siciliane: “Essere donne in Sicilia è stata ed è una complessità duplice. Bisogna confrontarsi col mondo reale e con quello immaginario che ha cristallizzato, nel bene o nel male, un certa figura di donna siciliana”

Gaetano Savatteri

Come si può essere siciliane? Con doppia difficoltà, ammette Gaetano Savatteri che torna in libreria con Le siciliane per i tipi di Laterza. Con dolorosa e gioiosa difficoltà, scrisse Leonardo Sciascia parlando dei siciliani: «Mi pare – afferma Savatteri – che per le siciliane, come moltissime donne nel mondo, la difficoltà si raddoppia: essere donne in Sicilia è stata ed è una complessità duplice. Bisogna confrontarsi col mondo reale e con quello immaginario che ha cristallizzato, nel bene o nel male, un certa figura di donna siciliana: la conturbante Malena o la Carmelina de “I soliti ignoti” – ricordate? “Carmelina, ricomponiti” – la mater dolorosa o la donna di mafia. Immagini potentissime con le quali le siciliane si scontrano ogni giorno».

Le siciliane, dunque. Reazionarie, belle e testarde, furbe, sante e streghe, moderne, ma spesso in ombra. Un libro che è un trionfo di donne. Un rondò al femminile che, pur con molta difficoltà, appunto, ci consegnano una Sicilia apparentemente immobile, ma che invece cambia e si evolve anche se spesso sottotraccia. Da Franca Viola che fece cambiare leggi e costumi, alle temibili combattenti socialiste di Piana degli Albanesi che scendevano in piazza e non avevano alcuna intenzione di ricomporsi. Donne che hanno cercato in qualche modo di reinventare il proprio destino.

Gaetano Savatteri è uno scrittore che ci ha abituati, con i saggi pubblicati da Laterza e anche con i gialli di Màkari, a guardare la Sicilia senza più vinti né gattopardi: piuttosto moderna, lontana dal pessimismo reale e letterario che ci conduce al terreno degli stereotipi, alla vecchia isola in bianco e nero. «Bella e affascinante, ma immaginaria», ci dice Savatteri che con questo saggio, in libreria dal 21 ottobre, sfata ancora una volta il vecchio mito della Sicilia e dei siciliani, pardon delle siciliane, che sfuggono ai luoghi comuni.

Savatteri, sono storie che hanno smosso, forse inconsapevolmente, l’idea della donna siciliana che nella storia ha tentato di cambiare le cose?

«Il racconto delle donne che ho selezionato, usando saggi e analisi spesso firmati da studiose, restituisce una realtà più articolata degli stereotipi: storie segnate da contraddizioni, eccessi, dolore, ma comunque testimonianze di una tensione che da sempre accompagna l’essere donne in Sicilia. Il tentativo costante di determinare un proprio destino che non sia soltanto quello disegnato dal maschile (o da un certo maschilismo) siciliano».

Donne che sfuggono ai luoghi comuni sulla donna siciliana, come la catanese Eugenia Bonino, miss Italia nel 1954. Ce ne vuoi parlare?

«Sono andato a prendere l’albo d’oro delle miss italiane: ho scoperto che la Sicilia ha il numero più alto di titoli, assieme a Lombardia e Lazio. Perché? La Lombardia è una regione moderna, con la sua dinamicissima Milano. Il Lazio, con Roma, capitale del cinema, offre spazio per sogni di gloria. Ma perché la Sicilia fornisce questo numero così alto di reginette? Ho scoperto che quando la prima miss siciliana vinse la corona, non ci fu – almeno sui giornali – una reazione bacchettona o puritana. Nella sera di miss Italia, raccontano i giornali che a Catania si commentava così: abbiamo Scelba, abbiamo la squadra in serie A, abbiamo ora miss Italia. Che vogliamo di più?».

Singolare anche il racconto su Rosa Balistreri che da bambina cantava ai matrimoni, esclusa nel ‘73 al festival di Sanremo. Un destino crudele il suo, così come per tante donne nate in Sicilia.

«Per molte donne in Sicilia il destino è stato crudele, anzi feroce. Rosa è uscita con la forza del suo canto da questa minorità. Eppure fu esclusa dal festival di Sanremo perché troppo donna, troppo meridionale, troppo a sinistra. Un ulteriore emarginazione ma che riuscì a superare diventando la vincitrice morale di quell’edizione di Sanremo».

Da Santa Rosalia a Agata Giovanna Piccolo, la sorella del poeta, a Rosaria Schifani. Incredibili figure che in tempi diversi hanno lasciato un segno…

«Ho cercato donne che sono riuscite a imporsi nel loro tempo. Come Santa Rosalia che in pochi mesi sbaragliò le quattro patrone di Palermo (Agata, Ninfa, Cristina e Oliva) entrando nella devozione dei palermitani. Ma anche per lei, questo fu possibile, grazie a qualche intrigo di corte e di Chiesa: spesso le donne – anche le sante – diventavano oggetto di manovre di potere, che si nascondevano dietro le loro gonne».

Ma gran parte di queste donne, non sono quelle che hanno contribuito a formare un’immagine standardizzata della Sicilia – la baronessa di Carini, la “vecchia dell’aceto” o Rosa Nicolosi del Giorno della civetta? Ritornando sulle loro storie, non c’è il rischio di contribuire allo stereotipo?

«Non serve respingere lo stereotipo, a volte bisogna attraversarlo e capirlo. La storia della “vecchia dell’aceto”, ad esempio, ci svela che la Sicilia non è stata sempre la terra del delitto d’onore. E l’omicidio della baronessa di Carini non è un delitto per gelosia, ma forse nasconde una storia meschina di soldi e di interessi».

Gli scrittori non amano le donne, ne parli a lungo nel libro. Occasione giusta per tirar fuori la forza e la modernità di tante scrittrici a lungo ignorate…

«Ignorate e anche peggio:  come  Adelaide Capuana, moglie e poi vedova dello scrittore catanese, o come Giselda Foranesi, al centro di un triangolo di amore e gelosia tra Rapisardi e Verga: usate come ispirazione per grandi opere letterarie. Penso  a “L’Esclusa” di  Pirandello. Il grande agrigentino non ci fa una bella figura: detestava l’ondata emergente delle scrittrici, le sentiva rivali. E non si è fatto scrupolo di saccheggiare le loro vite per farne commedie o romanzi pirandelliani. In realtà, i grandi – Verga e Pirandello, ad esempio – ne vengono fuori come dei maschi un po’ troppo sciovinisti ed egoisti».

da “Repubblica Palermo” del 21 ottobre 2021

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