Fondato a Racalmuto nel 1980

“La DAD non può sostituire l’abbraccio delle mie maestre”

Grotte, la Didattica a distanza raccontata da Alessia, una bambina di quinta elementare

Alessia Infantino

Sulla DAD abbiamo pontificato tutti: ministri, dirigenti, docenti, genitori, psicologi, pedagogisti, sociologi, persino pediatri. Tutti abbiamo espresso il nostro parere, preso posizioni, suggerito soluzioni. Ma quanti si sono chiesti cosa ne pensano i nostri studenti della DAD? A volte mi sembra quasi che questa sia una partita giocata solo dai grandi. I piccoli vengono sempre menzionati, verbalmente attenzionati, richiamati, ma mai gli viene concessa la parola.

È come quando ministri, presidenti, potenti, organizzano una guerra, ma poi a partire sono i soldati, piccole grandi vittime di un progetto pensato dai grandi. Ecco, io che gioco sul campo ho voluto dare voce ai miei studenti e tra le mille storie che mi hanno raccontato, voglio condividere con voi quella di Alessia Infantino, dieci anni, quinta elementare.

Scrive Alessia

“Dal 5 marzo la campanella di tutte le scuole d’Italia non suona più. Nella mia vita porterò sempre il ricordo di tutto ciò che è successo in quei giorni e che ha cambiato la mi vita e quella di milioni di studenti italiani. Ricordo ancora gli occhi e il viso della mamma riempirsi di lacrime mentre guardava in televisione un signore molto elegante – solo dopo ho capito che si trattava del Presidente del Consiglio Conte – e di una signora con i capelli neri, anche lei molto elegante, – la ministra Azzolina – a cui il Presidente dava la parola per informare gli italiani che la scuola veniva chiusa a livello precauzionale, per evitare il diffondersi dei contagi. Così, da un giorno all’altro siamo stati catapultati in un mondo virtuale.

Non avrei mai pensato che io che abito in un paesino dell’entroterra agrigentino, sarei arrivata a fare scuola utilizzando il digitale, nonostante sia figlia di un’era tecnologica. Oggi, infatti, facciamo quella che la ministra ha chiamato didattica a distanza.
A differenza dei miei genitori, io questo mondo virtuale già lo conoscevo, perché nei social media sono abituata a starci per vedere le mie youtubers preferite. Ma mai e poi mai avrei pensato di vederci le mie maestre e tanto più i miei compagni con i quali posso condividere veramente poco nell’ora in cui ci colleghiamo. Il tempo on-line vola, spesso è appena sufficiente per essere interrogati o per consentire alla maestra di spiegarci un argomento nuovo.

Io che amo stare in mezzo alle persone mi ritrovo confinata da sola nella mia stanza davanti al monitor di un computer e a pregare il telefonino affinché mi permetta di connettermi per tutto il tempo della live lesson.

Ed ecco che inizia la lezione, vedo lì davanti la maestra che contenta ci saluta, ci chiede come stiamo, ci supporta e ci esorta a non scoraggiarci, certa che appena inizia a parlare cadono i primi collegamenti. E allora si comincia con un valzer di messaggi da parte dei compagni o delle loro mamme, che ti chiedono di avvisare la maestra che la connessione è caduta, che non riescono ad entrare, che entrano ma non vedono o non sentono. Se la connessione ci abbandona subito c’è sempre speranza, ma se la connessione salta quando la maestra sta spiegando o ti sta interrogando lo sconforto che proviamo diventa incontenibile. Mi verrebbe da dire alla ministra: “Secondo lei questa è scuola?”

Di fronte al nostro sconforto ci sono sempre le maestre che come nulla cercano di continuare, ma io le conosco bene e penso che si sentono più avvilite e frustrate di noi, perché non possono arrivare a tutti i compagni come fanno quando siamo a scuola. Le mie maestre sono più forti delle avversità e non si danno per vinte e allora dotate di telefonino chiamano per coinvolgere chi non riesce a collegarsi, oppure finita la live chiamano con WattsApp e rispiegano tutto ciò che hanno fatto. Ditemi voi se questo non si chiama amore per i propri studenti e per il lavoro che fanno. Ma per me la scuola è altro e allora mi tuffo nei ricordi e penso al concerto di Natale che ci ha visti fianco a fianco maestre e alunni, penso alla festa di Carnevale, alla giornata degli aquiloni, alle varie tavolate che nella mia scuola è consuetudine imbandire, perché per noi siciliani è importante celebrare i santi e rivivere le nostre tradizioni.

Ho pregato tanto San Giuseppe affinché il 15 marzo si rientrasse a scuola, ma questo Coronavirus non vuole sparire.
Quest’anno per me era l’ultimo alle elementari e avrei voluto chiuderlo con una gran festa. Io non proverò l’emozione di sapere come si sarebbe chiuso questo percorso scolastico, perché la didattica a distanza non tiene conto delle mie emozioni e dei miei sentimenti. La DAD non può sostituire il lungo abbraccio che avrei dato alle mie maestre che tanto mi hanno sostenuto e non può capire quanto soffro per il fatto che a settembre non mi siederò più nel mio banco perché andrò in prima media.

La didattica a distanza mi permette e mi permetterà di continuare il mio percorso scolastico ma non sa che sono Alessia, che ho 10 anni, e che avrei preferito perdere l’anno scolastico pur di finirlo con i miei compagni e le mie maestre a cui volgerò sempre il mio grazie, perché dopo i miei genitori, hanno dato un senso e un valore alla mia vita, mi hanno insegnato a non farmi abbattere dalle avversità, che bisogna essere più forti della tempesta. È questo che ricorderò delle elementari. È questo che terrò sempre nel cuore”.

Credo che in ogni scuola ci siano tante Alessie, tanti studenti che della DAD hanno vissuto aspetti che noi non conosciamo. Credo sia arrivato il tempo di sentire anche le loro voci. Facciamolo attraverso le pagine di questo giornale. Raccontateci le vostre storie, sono certa che ciascuna sia degna di ascolto e considerazione.

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