Fondato a Racalmuto nel 1980

“Diciotto metri”

Il racconto della domenica

Debora Di Pietra

Sapete quanto dura un volo di 18 metri da uno scooter lanciato a 70 km orari? Tanto. Non so dire esattamente quanto, ma sono sicuro di quel dico: dura tanto. E lo so perché l’ho fatto quel volo ed è durato tutta la mia vita.

Non che sia lunghissima la mia vita: ho solo 18 anni! Un metro…due metri…tre metri….Li ho festeggiati ieri. C’erano tutti i miei amici. C’era Nicola. Lo chiamo fratè perché è come un fratello per me: c’è sempre. Se ti senti giù, lui arriva, ti apre una birra, ti dà uno strattone e ti prende un po’ in giro. E smonta la tua tristezza. È una di quelle persone che o le odi o le ami, perché non sa tenersi dentro quello che pensa: te lo deve dire, è più forte di lui. Mia madre dice che è “senza filtro”, ma io un po’ lo invidio, perché io invece sono timido. Alla mia festa è arrivato con una camicia hawaiana e i pantaloncini corti. A febbraio. Doveva pagare pegno per una scommessa che aveva perso con l’ “uomo lungo” – così chiamiamo Massimiliano, un nostro amico che è alto e lungo quanto il suo nome – ed è entrato nel locale con un sorriso a trentadue denti e le mani in tasca. Masticava la sua chewingum e si era stampato in faccia quella sua risatina sorniona. Un sorriso da ebete. Che rabbia quando lo tira fuori! Vuol dire che ne sta combinando una delle sue e non sai mai se sarai tu la vittima o qualcun altro. È un sorriso paraculo. Lo stesso che ogni tanto si stampa in faccia anche mia sorella.

Quattro metri….cinque….sei…Mia sorella è una gran bella ragazza, ma non glielo dirò mai. Ha solo due anni meno di me, ma si atteggia a donna vissuta e quando passa sculettando davanti ai miei amici vorrei ammazzarla, perché quelli poi gli piglia che fanno gli stupidi e pronunciano in mia presenza frasi e apprezzamenti che non vorrei sentire. E poi mi rode che lei mi renda partecipe della sua vita sessuale. L’altro giorno, prima di uscire, è venuta nella mia stanza a chiedermi un preservativo. Era vestita con una minigonna che Nicola definirebbe “ascellare”, truccata così forte che mi aspettavo che l’anima di Moira Orfei si materializzasse da un momento all’altro per chiederle consigli sul maquillage. E poi si era tuffata nella boccetta del profumo: lasciava una scia che manco gli aerei! Le ho detto: – A chi la devi dare stasera? – Lei si è arrabbiata, ha blaterato qualcosa e se n’è andata sbattendo la porta. Dall’altra stanza mamma le gridava di non fare tardi, ma non penso l’abbia sentita. Fa sempre di testa sua: non sopporta i consigli e mi tratta sempre come un povero demente davanti ai miei amici. Dice che devo sbloccarmi di più con le ragazze, che non ci so fare. Ma non è vero. È solo che non mi va di andare con chiunque. Non dico che voglio Madre Teresa di Calcutta accanto, ma almeno il minimo sindacale: almeno lo sguardo deve averlo sincero, e che diamine!

Sette metri….otto metri…nove. Mio padre mi ha confessato che da giovane non perdeva un’occasione, non aveva pace con le donne, ne era ossessionato. Le mattine che aveva bigiato la scuola le passava da un istituto della città all’altro a trovare le sue due/tre fidanzate. Purtroppo, credo che non abbia perso il vizio. Lui è un agente di commercio e si sposta spesso con una collega. L’altro giorno, mentre stava andando via, mi sono affacciato, l’ho visto salire in macchina e allungare una mano sulla coscia della sua collega. Meno male che mamma era a lavoro! Se lo sapesse non glielo perdonerebbe mai! Ricordo che una volta scoprì una sua scappatella e se ne andò di casa per tre giorni, dopo aver messo a soqquadro l’appartamento mentre gli urlava contro. Mio padre fece la posta davanti casa dei miei nonni, dove lei si era sistemata, con mazzi di fiori, striscioni d’amore e perfino una serenata che pagò profumatamente ad un cantastorie del paese. La mamma si convinse a tornare ma gli giurò che un’altra volta sarebbe stata l’ultima.

Dieci…undici…dodici metri. Mamma è bellissima, ma spesso mi sembra una gattina inerme. Sarà perché è minuta e bassina, sarà perché la sua è una vocina sempre malata. Ha qualche problema alle corde vocali, probabilmente perché fuma troppo. Fa l’infermiera all’ospedale e, a volte, anche a casa con noi. Sembra quasi che le venga difficile smettere i panni della crocerossina: si prende cura di tutto e di tutti, dalla più piccola piantina di casa ai nostri capricci di adolescenti e a quelli del bambino mai cresciuto che è papà. Lo ama tanto e, secondo me, ne è fin troppo dipendente, ma è bello vederli baciarsi furtivamente in corridoio come due ragazzini. Si baciano soprattutto dopo che hanno litigato. Si baciano spesso. Sarà perché litigano spesso.

Tredici metri…quattordici metri…quindici metri…

Non è che ci abbia capito molto di questa vita. Sembrano tutti un po’ matti e forse lo sembro anche io agli altri. Ha mille vie secondarie, questa vita, mille sottopassaggi e sovrappassi. Si snoda come un labirinto con infiniti bivi. Io ho preso quello sbagliato, per questo ho fatto un volo di diciotto metri.

Mi sono alzato stamattina con la voglia di chiudere gli occhi e non aprirli più. Vanessa mi ha lasciato ieri: sì, bella stronza, il giorno del mio compleanno! Mi ha detto che vuole tempo per pensare, che abbiamo bisogno di una pausa di riflessione. Odio queste tre parole: pausa di riflessione. Vuol dire che sta già con qualcun altro e io sono l’ultimo a saperlo. Probabilmente lo sapevano già tutti ieri alla festa e hanno fatto finta di niente. Che rabbia!

Mi sono alzato a fatica per andare a scuola. Non ho fatto neanche colazione. Ho preso lo scooter e sono letteralmente schizzato via da casa, prima che mia madre potesse notare la mia faccia. Sono un libro aperto per lei e questo mi dà fastidio, perché adesso il mio dolore lo voglio tenere per me e soprattutto non voglio che qualcuno se ne accorga.

Sedici…diciassette…diciotto metri! Sai quant’è lunga la vita, mamma? Diciotto metri. E sai di che profuma? Profuma di alcol e disinfettante. Da quassù si vede un lenzuolo bianco con due piccoli dossi che lo modellano. Sembrano due gambe nascoste, sì, nascoste sotto un lenzuolo bianco. E si sente pure un suono strano, come un bip a intermittenza. Mi sento la mano bagnata, mamma, ma non è sangue…

Mamma, non piangere, sono qui. Sono tornato.

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Racconto secondo classificato ex aequo alla settima edizione del Concorso letterario nazionale “Raccontami, o Musa…”, bandito dalla Associazione culturale Musamusìa di Licata, presieduta da Lorenzo Alario, in collaborazione con la testata giornalistica online Malgradotuttoweb. Direttrice artistica del Concorso letterario la prof.ssa Angela Mancuso. Presidente della giuria Raimondo Moncada

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