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Alla ricerca della città perduta

Storie. Camico, quando il mito si intreccia in un tutt’uno con la storia, con luoghi di un tempo lontano e con uomini di un’epoca che si perde nelle nebbie del passato. (Foto di Ignazio Catalano)

Camico, Sant’Angelo Muxaro Foto di Ignazio Catalano

Il mito che si intreccia in un tutt’uno con la storia, con luoghi di un tempo lontano e con uomini di un’epoca che si perde nelle nebbie del passato. La mitologia greca narra di Icaro e dell’ingegnoso padre Dedalo, autore della proverbiale costruzione labirintica di Cnosso, in cui fu tenuta prigioniera una creatura conosciuta come il Minotauro, metà uomo e metà toro, frutto dell’unione carnale – favorita dall’aiuto dello stesso Dedalo – tra la regina di Creta Parsifae (moglie del re Minosse) con un toro. Dedalo, imprigionato insieme al figlio Icaro, per  scampare alla vendetta di Minosse, fuggì (e volò) col figlio lontano dai luoghi dell’isola di Creta. Il peregrinare fu però infausto ai due, poiché durante il viaggio Icaro avvicinatosi troppo al sole causò lo scioglimento della cera delle sue ali e, precipitando in mare, morì. Dedalo invece fu costretto a correggere la sua rotta aerea e a riparare in Sicilia. Lì venne accolto con tutti gli onori da Cocalo – sovrano del locale popolo dei Sicani – tanto da sentirsi in obbligo di ripagare le tante attenzioni ricevute concependo e realizzando la costruzione di leggendarie opere, tra cui la mitica, e oggi scomparsa, roccaforte di Camico. Quello appena riportato è parte del mito legato a Camico, narrazione che sembra abbia trovato un riscontro reale in terra di Sicilia, e più esattamente in molte località della provincia di Agrigento. Sono tanti, infatti, gli scavi archeologici che hanno portato alla luce innumerevoli reperti di origine sicana in località che hanno iniziato a vantare i natali di Camico.

Una prima – ma debolissima tesi – considera essere il luogo dell’antica Camico l’attuale paese di Cammarata (un tempo chiamata Camerata) sulla base di una non chiara “affinità toponomastica” (Camico-Camerata, termine quest’ultimo che deriverebbe dalla locuzione Camicus erat) e di alcuni ritrovamenti archeologici che hanno individuato nelle vicinanze un sito di possibile origine sicana. Segue l’altrettanta debole ipotesi che l’antica Camico possa essere sorta nei pressi dell’odierna Siculiana. Tale teoria si baserebbe sostanzialmente sulla presenza nella zona di un piccolo corso d’acqua conosciuto come fiume Canne, nome che sembrerebbe avere una certa connessione etimologica col termine Camico e che creerebbe, dunque, un’altra dubbia “affinità toponomastica”: Canne-Camico.

A contendersi l’ubicazione di Camico – ma con argomentazioni decisamente ben più consistenti – è anche il paese di Caltabellotta, in cui l’archeologo tedesco Schumbring rinvenne molti reperti e un’intera necropoli di plausibile origine sicana. Probabilmente, in questo luogo, il sito dell’antica Camico potrebbe essere individuato in cima alla panoramica collina rupestre di Gulèa, caratterizzata dall’essere inarrivabile su tre lati e accessibile solo da quello a est, in un’area denominata Gogàla. Ulteriore candidata è la cittadina di Naro – la Fulgentissima di Federico II – dove insiste una rocca isolata sulla cui cima sono presenti dei ruderi di un’antica roccaforte (conosciuta come Castellaccio) di possibile origine sicana. Il sito presenta fondamenta costituite da blocchi monolitici di pietra e sorge su un altipiano quadrangolare probabilmente perimetrato da mura “ciclopiche”, di cui però oggi rimangono solamente pochi e poveri resti.

Camico, Caltabellotta (Foto di Ignazio Catalano)

Considerazioni, invece, molto più argomentate sono state fatte sul sito di Monte Castello, rupe che si trova nei pressi del paese di Sant’Angelo Muxaro. E’ lì infatti che sono stati rinvenuti molteplici oggetti di probabile provenienza sicana che, uniti a quelli precedentemente ritrovati da alcuni abitanti del luogo (come uno splendido anello d’oro), hanno fatto sorgere la chiara convinzione che la perduta Camico fosse stata ritrovata. Ma i rinvenimenti non si fermano qui, poichè, sempre nei pressi di Sant’Angelo Muxaro, sono stati scoperti un secondo anello d’oro e anche una patera (anch’essa d’oro), quest’ultima addirittura conservata al British Museum di Londra: tali rilevanti ritrovamenti archeologici costituiscono oggi un eccezionale unicum per l’intero territorio dell’antica Sicania.

Ultima in termini temporali – ma per questo non meno affascinante – è l’ipotesi in base alla quale ci sarebbero delle sorprendenti corrispondenze topografiche e geografiche che individuerebbero l’ubicazione della mitica Camico sulla sommità del Monte Guastanella, nelle vicinanze del paese di Santa Elisabetta. Tale sito, infatti, è caratterizzato dalla presenza di imponenti ruderi di un’antica fortezza, la cui edificazione (per le particolari caratteristiche tecnico-costruttive rilevate) potrebbe farsi molto probabilmente risalire al periodo sicano. I riscontri sarebbero infatti da individuare nella verosimiglianza dei luoghi del sito di Guastanella con la descrizione che di Camico viene fornita dallo storico Diodoro Siculo nella sua opera Biblioteca storica. Un’altra coincidenza è rappresentata dal fatto che il sito di Guastanella, similarmente alla descrizione fornitaci da Diodoro, si trova su di una rupe e inoltre nei suoi pressi si hanno esempi di tombe “a tholòs” e sono stati ritrovati frammenti di ceramica “a decorazione impressa”: elementi archeologici tutti di matrice sicana.

Camico, Santa Elisabetta Foto di Ignazio Catalano)

Le ipotesi appena descritte, suggestive e ancora embrionali nella loro dimostrazione scientifica, sembrerebbero rappresentare però tanti piccoli indizi che potrebbero contribuire a riscrivere una pagina antichissima, e al contempo avvincente, della storia dell’isola del sole.

 

 

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