Fondato a Racalmuto nel 1980

“I miei 100 anni tra violini, ottoni e tamburi”

Racalmuto, il Maestro Calogero Messina ha compiuto oggi 100 anni. La banda cittadina, che per tanti anni ha diretto, lo ha festeggiato suonando davanti la sua casa. I ricordi, gli esordi nel mondo della musica, l’amore per il palcoscenico del teatro Regina Margherita, la sua giovinezza accanto ai tenori Puma e Infantino

Il sindaco Vincenzo Maniglia e gli assessori Lauricella e Sardo consegnano a Calogero Messina una targa per i 100 anni

La banda ha suonato per lui nell’umido pomeriggio di oggi. Un tributo fino a casa per il Maestro Calogero Messina, per tutti a Racalmuto lu ‘zi Liddru, che ha spento cento candeline. Si è commosso, ha ringraziato tutto il paese rappresentato dal sindaco Vincenzo Maniglia, accompagnato dagli assessori Enzo Sardo e Nino Lauricella. Hanno suonato per lui giovani e meno giovani, tanti che al Maestro Messina devono la passione per la musica. Dalla finestra della sua casa, dove ha festeggiato con i figli Silvano e Angela, con la nuora e il genero, nipoti e pronipoti, ha ascoltato, come un vero direttore d’orchestra, i musicanti in divisa guidati dal Maestro Francesco Carrara che ancora tiene viva un’antica tradizione nel paese.

Nei suoi occhi commossi una vita intera circondata di note e pentagrammi, ottoni, violini e tamburi. Molti ancora lo ricordano a fianco di generazioni di ragazze e ragazzi che ha educato insegnando loro i segreti affascinanti della musica. E altri ancora lo ricordano sul palco in piazza per la festa della Madonna del Monte a dirigere la banda cittadina che da secoli viene tramandata in questo paese. Cento anni di storia di un uomo che ha saputo conciliare gli impegni di lavoro e familiari, con la sua grande passione.

La banda ha suonato per lui, per i suoi cent’anni, con il sindaco Maniglia che ha donato una targa al concittadino che pienamente fa parte della storia culturale di Racalmuto: “Nella sua lunga carriera – ha detto il sindaco – è riuscito a far appassionare tanti giovani avvicinandoli all’arte della musica e alla bellezza dello strumento musicale. Un uomo che ha lasciato il segno nella nostra comunità e siamo felici di aver festeggiato on lui quest’importante traguardo”.

Cento anni e in gran forma, sempre con la battuta pronta e arguta:Sono nato il giorno di Santa Barbara, ma mio padre mi ha registrato il 5 dicembre del 1921. Ed eccomi ancora qua e ne ho ancora almeno per altri dieci anni”. Calogero Messina rappresenta per Racalmuto quel legame che ci riconduce alle radici della storia della banda civica.

Per quest’occasione abbiamo rispolverato una chiacchierata che abbiamo fatto con lui tre anni fa, nella casa di via Baronessa Tulumello, dove è nato e dove è scoccata la passione per la musica: “Ho iniziato a studiare la musica prima ancora delle elementari. Al piano superiore della casa dove abitava la mia famiglia, questa stessa casa, abitava una maestra di musica, Mariannina Guglielmi, che accompagnava con il suono del pianoforte le pellicole al cine-teatro”.

DONNA MARIANNINA GUGLIELMI

Che storia, quella della Guglielmi! Pare di vederla al pianoforte, con la platea alle spalle, ad accompagnare i film muti che venivano proiettati al teatro Regina Margherita, luogo che finalmente tornerà a splendere di luci. Siamo agli inizi del Novecento. La maestra Guglielmi si era trasferita giovanissima da Naro a Racalmuto, dove il fratello Francesco, suonatore di bombardino, era stato scritturato nella banda comunale. Donna Mariannina Guglielmi commentava con le note la trama dei film con musiche di Chopin, Beethoven o con i valzer di Strauss. E lui, il piccolo Lillo Messina, ha avuto il privilegio di crescere accanto ad una donna colta e stravagante: “Mi ha spronato lei, e per cinque anni ho studiato violino. A sette anni, nel 1929, ho fatto il mio primo concerto al teatro Margherita con lei che mi accompagnava al pianoforte. Ma col violino ho chiuso all’età di dodici anni. Nel frattempo ero entrato a far parte della banda comunale diretta dal mitico maestro Pietro Martorana. Ho cominciato a conoscere tutti gli strumenti. Per il periodo la banda di Racalmuto era una delle migliori della Sicilia”.

Calogero Messina, a destra nella foto degli anni ’30, con Luigi Scimè e Luigi Infantino

Il palcoscenico del teatro di Racalmuto era diventato, per il piccolo Lillo Messina, una sorta di seconda casa. In quel periodo anche la scuola diede un grande contributo alla formazione dei ragazzi: “Avevamo una grande voglia di studiare, ci furono insegnanti, come Nicolò Farrauto e Pierina Taibi, che organizzavano iniziative proprio in teatro. Si facevano le Operette. Nel 1932 ci fu la rappresentazione del Piccolo Balilla che ho interpretato. Avevo avuto anche una parte in Cenerentola. Avevo una bella voce, sai. Ci divertivamo tanto con Luigi Infantino”. Coetaneo del grande tenore racalmutese, Messina ha trascorso gli anni della sua infanzia e adolescenza accanto a lui. E non solo.

La grande crisi del ‘29 arrivò anche a Racalmuto e continuò fino al dopoguerra – ricordava – e la fame era nera. Si mangiavano fave cotte a colazione, pranzo e cena. Luigi veniva quasi sempre a casa mia dove un pezzo di pane non mancava. Era un tipo estroverso. Nella banda suonava il tamburo. Non amava tanto studiare, la sua fortuna cominciò quando iniziò a suonare il flauto. Una bella voce l’aveva Salvatore Puma, l’altro nostro tenore di successo, ma gli mancava il movimento, la scena. Lui, rispetto a me e a Luigi, stava sempre in campagna ad aiutare il padre. Ma cantavamo tutti nel coro di Padre Rosina, un prete che non aveva una parrocchia. Solo il mese di maggio seguiva i ragazzi del coro. Facevamo a gara per fare i solisti. Con il maestro Martorana si girava spesso i paesi della Sicilia. Una volta, a San Giovanni Gemini, dopo una serie di esibizioni, Infantino perse la voce“.

I ricordi scivolano veloci, la sua memoria è fluida:Il pubblico voleva a tutti i costi risentire quel ragazzo di 13 anni. Inventammo il play black: io cantavo e Luigi faceva la mimica. Poi Luigi se ne andò militare in Marina e grazie al fatto che suonava il flauto si fece conoscere dal grande pubblico. Negli anni ’40, durante la Repubblica di Salò, arrivò la sua fortuna. Tutti i grandi tenori si trovavano in quella parte dell’Italia e lui a Napoli fu chiamato al teatro San Carlo. Fece sessanta repliche del Rigoletto, un successone. Da allora non si è più fermato. E non mi sono fermato neanche io. Nel senso che dal 1941 ho iniziato a lavorare per le Poste fino a diventare direttore d’ufficio dai primi anni ’60, a Camastra e poi in altri paesi. Avevo abbandonato completamente la musica, anche se negli anni Cinquanta partecipavo anch’io in teatro alla rappresentazione del Mortorio, ma non ho mai dimenticato le serenate che facevamo in paese, da ragazzi, al chiaro di luna. Scrivevamo noi le canzoni. Eravamo un’allegra brigata composta da me e Luigi, Baldassarre Romano, Giuseppe Capitano e altri. Anni davvero unici e straordinari per noi e per il paese. La nostra musica piaceva così tanto che mai arrivò, dai padri delle fanciulle, il temuto secchio d’acqua sporca dalla finestra”.

La banda di Racalmuto diretta dal Maestro Calogero Messina alla fine degli anni ’90

IL RITORNO A RACALMUTO

Solo dopo la pensione, nel 1984, Calogero Messina, che nel frattempo si era ristabilito a Racalmuto, tornò a dedicarsi alla passione della sua vita. Sollecitato da molti ragazzi dell’epoca, accettò la direzione di quel che restava della banda comunale ridotta soltanto a esecuzioni di funerali e qualche festa paesana. Nel 1987 – qui ci aiuta il bel volume di Giovanni Di Falco sulla storia della Banda di Racalmuto pubblicato nel 2007 – la banda diretta dal Maestro Messina fa il suo esordio in una festa di Campobello di Licata. E poi, naturalmente, alla festa del Monte di Racalmuto. La banda tornò al suo antico splendore eseguendo non solo marce, di cui molte composte dallo stesso Messina, ma anche il repertorio classico. Cavallo di battaglia della banda il Terzo Atto della Traviata e una fantasia della Gioconda di Ponchielli.

Ma a Racalmuto, purtroppo, non sempre le cose buone vanno avanti, spesso frenate da gelosie e veleni. Ieri come oggi. Il maestro Messina lascia la banda e costituisce l’associazione “Amici della Musica”. Nel giro di pochi anni riesce a mettere assieme più di cinquanta giovani elementi il cui successo fu riconosciuto anche fuori Racalmuto. Fino al giorno di Capodanno del 2000 quando Calogero Messina dirige i suoi ragazzi per il suo ultimo concerto.

Non è facile – ci aveva confidato Messina – però bisogna insistere. Lo dico sempre a Ciccio Carrara che svolge a Racalmuto un lavoro encomiabile. Se esiste ancora una banda lo dobbiamo a lui e tutti dobbiamo aiutarlo perché se chiude è finita. Stessa cosa vale per il coro Terzo Millennio. A Domenico Mannella dico sempre di continuare quest’attività. Ne vale per l’antica tradizione che abbiamo a Racalmuto che è un paese che tanto ha avuto dalla musica e tanto ha dato e continua a dare in termini di eccellenze”.

Il Maestro Calogero Messina (foto Salvatore Picone)

RACALMUTO, PAESE DELLA MUSICA

La tradizione musicale a Racalmuto è antichissima – aveva aggiunto un po’ di orgoglio – e tanto dobbiamo ai Matrona e alla loro passione. Oltre al maestro Martorana e alla Guglielmi, ricordo con affetto la buona volontà di Francesco Macaluso, ma anche la passione del farmacista Argento, di un’americana che si era trasferita a Racalmuto da Luzerne, Bessie Blakburn, del podestà Giuseppe Mattina. Nel 1938, quando ci fu l’incoronazione della Madonna del Monte, lui era commissario al Comune. Ricordo quella giornata come se fosse ieri. Io suonavo nella banda, ci fu una grande festa”. E della festa del Monte, Calogero Messina fu anche componente del Comitato. A lui si devono i grandi concerti in piazza che, ha sempre detto, andrebbero ripresi e potenziati.

Per il futuro della musica a Racalmuto – ha detto il Maestrouna buona spinta deve darla l’amministrazione comunale che deve aiutare di più queste realtà che resistono con fatica. Del resto abbiamo il teatro che deve essere la casa della musica a Racalmuto”.

Dalla saggezza dei suoi cento anni, Calogero Messina tira fuori i ricordi migliori. Ha visto cambiare il suo paese e i suoi paesani. Quando esce di casa, accompagnato dal figlio Silvano o dai nipoti, incrocia sguardi di ragazzini che nemmeno conosce. Passa da piazza Crispi e rivede, felice, la “piazzetta” della sua giovinezza. In quei passi a piedi, passi a memoria – per dirla con lo scrittore Antonio Castelli – incrocia, nella statua di bronzo, lo sguardo fermo di un suo coetaneo, mezzo parente per parte della moglie, nati tutti e due nel 1921: “Con Leonardo Sciascia siamo stati compagni di scuola negli anni dell’Avviamento. Era un ragazzo introverso, molto timido. Ma si vedeva già allora che aveva qualcosa di speciale”.

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