Fondato a Racalmuto nel 1980

Quando la famigliola si desta e languidamente si leva dal giaciglio

Vita da prof 3: la domenica

Angela Mancuso

Sono settimane intense quelle che vivono i prof. Checché ne pensino i no-prof, ogni giorno è una magnifica avventura tra  sentieri fioriti di lezioni da spiegare, verifiche da espletare, registri da aggiornare, corsi da frequentare, commissioni da riunire, riunioni da calendarizzare, sottocommissioni da formare, genitori da sedare.

Poi, però, arriva la domenica ed è il giorno sacro del riposo. L’eroe della didattica, il guerriero della scuola, il paladino dell’istruzione si spoglia della sua armatura intrisa di sangue e sudore per dedicarsi alla più nobile delle attività: l’otium!
In un mondo ideale sarebbe così. Nella realtà ti svegli alle prime luci dell’alba, anche se hai staccato la sveglia, perché ormai la sveglia biologica ha impresso nel DNA le sei del mattino.

Ti accorgi che in casa regna un caos primordiale, ma ti arrendi prima ancora di provare a mettere ordine. Passi davanti alla tua scrivania e dieci plichi di compiti di italiano e versioni di latino da correggere ti guardano provocatori. I sensi di colpa ti attanagliano le viscere, cerchi di combatterli giusto il tempo di concederti una colazione lenta, serena, gustosa, fatta di pane tostato e marmellata di ciliegie. Ma proprio mentre stai grattando via la mollica bruciata dal pane troppo tostato, tornano a farsi sentire quelle voci che invano il tuo psichiatra ti ha consigliato di non ascoltare.

“Prof, ma li ha corretti i compiti?”
“Prof, ma quando ce li porta i compiti?”
“Prof, ma come sono andati i compiti?”

Va bene, va bene.

Ti siedi a correggere i compiti, ma dopo i primi due ti prende la disperazione perché la traduzione del brano di Cicerone è talmente sconnessa da sembrare il testo di una canzone di Sfera Ebbasta.

Nel frattempo arrivano rumori che ti gelano il sangue e ti gettano nella più cupa angoscia.
Sono gli sbadigli della famigliola che si desta e languidamente si leva dal giaciglio.

“Mamma, è pronta la colazione?”
“Cosa c’è oggi per pranzo?”
“Me lo fai pure l’antipasto?”
“Me li vai a comprare i dolci?”

I dolci. Certo. Giusto. È domenica.

“Per noi i bocconcini alla crema, i cannoli e il profitterol, per papà le sfogliatelle e prendi qualcosa pure per te. Noi nel frattempo ti aiutiamo apparecchiando”.

Con gli occhi pieni di lacrime e il cuore gonfio di orgoglio per l’aiuto promesso, vai in pasticceria, fai la fila, fai a pugni col signore che voleva prendersi l’ultimo profitterol, vai al pronto soccorso a farti medicare le ferite, torni a casa, prepari il pranzo, pranzi, ti lamenti perché finito il pranzo la famiglia si dilegua.

“Ma mamma, noi già abbiamo apparecchiato!”

Provi nuovamente a correggere compiti, passando a quelli di italiano. Ad ogni rigo la grammatica si contorce, ribolle, schiuma.

La sintassi fa strane evoluzioni, voli pindarici, acrobazie stupefacenti.

“Mamma, che c’è per merenda?”

A pranzo avevano mangiato ciò che è impossibile mangiare, ciò che neanche una intera famiglia di gesuiti e di euclidei riesce a mangiare, come è possibile che abbiano ancora fame?

“In questa casa non c’è mai niente da mangiare”.

Ti arriva la telefonata della collega.

“Li hai già caricati i voti sul registro elettronico?”

Ti si fermano i battiti cardiaci.

“I voti? Quali voti? Di cosa parli?”

“I Consigli di classe, lo scrutinio, le valutazioni, le medie, l’andamento didattico-educativo della classe, il voto di Educazione civica. Ma non le leggi le circolari?”

È un attimo. Solo un attimo.

“Mamma, cosa c’è per cena?”

“Fatevi portare una pizza. Mammina ha appena prenotato un volo per i Caraibi”.

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