Fondato a Racalmuto nel 1980

L’arte della democrazia e quell’antico legame con la Sicilia

Storia. Il Parlamento siciliano risulta essere basilare per capire quali siano state le vicissitudini e le situazioni che hanno determinato, definito e alla fine forgiato intere epoche di storia siciliana.

Palermo, Palazzo dei Normanni (Foto di Angelo Pitrone)

Il concetto di arte della democrazia – ovvero di quella particolare armonia dialettica caratterizzata dalla partecipazione di tutte le parti al fine di poter pervenire alla decisione più condivisa possibile – ha un antico legame con la Sicilia, anche se ciò a volte non risulta poi così chiaramente, soprattutto in riferimento alla considerazione che della nostra terra hanno determinato biechi luoghi comuni o superficiali analisi pseudo-sociologiche.

Le vicende isolane sono da secoli contraddistinte da una “presenza” a volte palese, altre sottaciuta, ma quasi sempre costante nella sua essenza fondamentale: l’istituzione parlamentare, ossia quel Parlamento siciliano che risulta essere basilare per capire quali siano state le vicissitudini e le situazioni che hanno determinato, definito e alla fine forgiato intere epoche di storia siciliana.

L’assemblea parlamentare siciliana, intesa non come luogo fisico ma come istituzione politica, è da considerarsi tra le più antiche al mondo. Anzi, probabilmente, se si valutano la competenza e la relativa funzione legislativa svolta, risulta essere la più longeva tra quelle ancora oggi attive e funzionanti, poiché i suoi “concorrenti” islandese e faroese (forse ancora più antichi) all’inizio non annoveravano l’attività deliberativa tra le loro prerogative istituzionali. E la prova storica di tale primato è costituita dalla documentazione relativa alla prima convocazione dell’assise rappresentativa siciliana avvenuta nel 1097 a Mazara del Vallo a opera di Ruggero I, sovrano che contribuì enormemente a stabilire il potere normanno in Sicilia, consolidando un totale controllo politico-militare sull’isola. Il luogo di tale prima convocazione dimostra l’originaria natura itinerante del Parlamento siciliano, che agli albori della sua creazione fu suddiviso in tre rami di rappresentanza: il primo, costituito dal braccio “feudale”, era rappresentativo della classe nobiliare che controllava le contee e le baronie dell’isola. Il secondo ramo era denominato “ecclesiastico” ed era direttamente collegato alla classe clericale esistente e operante in Sicilia nei ruoli cardinalizi, episcopali e sacerdotali. Il terzo e ultimo braccio parlamentare era quello “demaniale”, ovvero rappresentativo delle città libere che non fossero sottoposte al controllo di vescovi o baroni.

Sin dall’inizio della sua fondazione in epoca normanna, l’organo parlamentare siciliano ha sempre esercitato non solo il potere legislativo – limitatamente alle proprie competenze riconosciutegli – ma anche un potere di controllo sull’operato e sull’azione della massima autorità politica esistente a quel tempo in Sicilia: il re. Ovviamente, però, l’assetto di competenze allora esistente non deve far pensare a una natura eminentemente democratica dell’istituzione parlamentare così come oggi noi la intendiamo. I suoi membri infatti non erano elettivi, ma al contrario – utilizzando spesso criteri afferenti il loro spessore politico e la loro posizione sociale – venivano scelti e nominati fra gli uomini più potenti delle tre classi rappresentate, in tal modo circoscrivendo e limitando, di fatto,  il potere di controllo cui si accennava poco sopra.

Palazzo dei Normanni, Aula Assemblea Regionale Siciliana (Foto di Angelo Pitrone)

L’avvicendamento delle dominazioni straniere, oltre a variare le dinamiche sociali, economiche e politiche dell’isola, determinò continue evoluzioni nell’ambito dell’istituzione “Parlamento”. Dal 1130, infatti, con l’instaurazione ufficiale della sovranità normanna in Sicilia (Regnum Siciliae) da parte di Ruggero II, la sua sede non fu più itinerante ma venne resa definitivamente stabile presso il celebre Palazzo dei Normanni a Palermo: sede che, tra l’altro, non è stata mai più modificata, costituendo infatti ancora oggi il luogo politico siciliano per antonomasia. I documenti dell’epoca dimostrano che fu Federico II che per primo permise, all’interno dell’assise suprema, l’ingresso dei rappresentanti dell’allora società civile, non ancora però strutturata nel successivamente determinante ceto borghese. Inoltre, fu durante la guerra del Vespro siciliano (esattamente il 3 aprile del 1282) che la bandiera con i colori giallo e rosso con la triskele al centro venne ufficialmente adottata dal Parlamento, in tal modo decretandone la fortuna che ancora oggi la porta a essere il vessillo della Regione Siciliana. Significativa appare essere la circostanza che già in piena epoca basso-medioevale, anticipando di secoli le principali istanze democratiche e partecipative presenti in molti ordinamenti statali della nostra epoca, l’organo parlamentare siciliano avesse costituzionalmente il potere di eleggere il re (massima carica politica del tempo) e di controllare, divenendone garante, sia la corretta gestione della giustizia da parte degli organi competenti che l’amministrazione statale gestita dagli ufficiali del regno. L’operatività parlamentare venne mantenuta nel corso dei secoli, anche se tra alti e bassi. Infatti, a periodi gloriosi e di importante attività politica, ne seguirono altri di minore rilievo istituzionale, come durante le dominazioni angioina (XIII sec.), aragonese (XIV sec.), spagnola (XV-XVIII sec.) e borbonica (XIX sec.). Successivamente, furono i moti rivoluzionari e politici della metà dell’ottocento a far riacquistare un’indubbia centralità all’assemblea parlamentare, riunita nuovamente nel 1848 in un inedito Parlamento Generale di Sicilia che dichiarò decaduta la dinastia borbonica nell’isola, consegnando, di fatto, la Sicilia ai Savoia.

Solo dopo quasi un secolo di totale silenzio dei lavori d’aula – seppur continuando sempre ufficialmente a esistere – si assiste alla nascita, datata 25 maggio 1947, dell’attuale Assemblea Regionale Siciliana (ARS), composta da novanta deputati eletti (numero oggi diminuito a settanta). La riattivazione di una rinnovata assise rappresentativa siciliana e la ripresa della relativa attività parlamentare risultarono essere il frutto di particolari condizioni politiche generate dai nuovi assetti istituzionali e diplomatici – successivi alla fine del secondo conflitto mondiale – che un anno prima (esattamente il 15 maggio del 1946) avevano condotto la Sicilia a tagliare l’ambito traguardo dell’autonomia regionale a statuto speciale.

Palazzo dei Normanni (Foto di Angelo Pitrone)

La storia, quindi, ha dimostrato (e continua a dimostrare) come in terra siciliana l’esercizio dell’arte della democrazia sia una prassi innestatasi nel tessuto politico dell’isola sin da tempi lontani, rappresentando un vero e proprio primato culturale, storico e sociale poco conosciuto e soprattutto poco valorizzato, sia in termini d’esperienza democratica acquisita che sotto il profilo dell’aver precorso i tempi. Anche se, trascorso quasi un millennio dall’istituzione dell’organo parlamentare in Sicilia, l’impressione è che ci sia tuttora molto altro lavoro da fare per perfezionare la considerazione degli alti valori della democrazia rappresentativa e per cercare di evitare un uso – che purtroppo, ancora oggi, molto spesso è abuso – dei poteri connessi a tale istituzione.

 

 

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