Fondato a Racalmuto nel 1980

Evviva la mia madre lingua, il siciliano!

Considerazioni in libertà di Raimondo Moncada. “Parlando il siciliano e l’italiano mi sono costruito senza saperlo uno scudo alla Goldrake.

Raimondo Moncada

Da una vita sono stato uno scienziato, ma non lo sapevo. Da vero scienziato ho per anni attuato – sia pure inconsapevolmente – quello che adesso le più sofisticate ricerche sul cervello suggeriscono a tutti di praticare, anche nell’espressione linguistica.

Ora lo so che ho fatto bene a parlare più lingue nei miei primi cinquant’anni. Parlando il siciliano e l’italiano, o l’italiano e il siciliano, mi sono costruito senza saperlo uno scudo alla Goldrake. E non lo dico io che da una vita parlo e scrivo in italiano e siciliano, confondendo pure le due lingue, ma lo afferma e riafferma la scienza, quella di ultima generazione. Ed è bellissimo prenderne atto e con orgogliosa soddisfazione. Perché ai tempi della mia scuola sono stato rimproverato perché mi esprimevo anche in siciliano o in un italiano tutto mio, arricchito da termini, espressioni tipiche della mia lingua madre spesse volte intraducibili nella stupenda lingua nazionale. In definitiva parlavo tre lingue: il siciliano, l’italiano e l’italiano-siciliano. Ora una nuova ricerca scientifica dà ragione allo studente trilingue che sono stato e dà torto a quei docenti che inibiscono l’uso della lingua della propria terra.

Qualche tempo fa ho letto sul Corriere della Sera di uno studio tutto italiano coordinato da Daniela Perani, direttrice dell’Unità di Neuroimaging molecolare e strutturale in vivo nell’uomo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e docente all’Università Vita-Salute San Raffaele. Lo studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, è stato condotto su 85 pazienti affetti da demenza di Alzheimer, metà monolingui e metà bilingui.

Le persone che parlano abitualmente due lingue – è la conclusione – sono più protette dalla demenza senile causata dal morbo di Alzheimer. Questa terribile malattia, che distrugge un essere umano, nei bilingui si manifesta più tardi rispetto a chi si esprime con una sola lingua (anche cinque anni più tardi) e con sintomi più attutiti. Secondo i ricercatori – così come riportato dal Corriere –, il bilinguismo costituisce una “riserva cognitiva” (che si acquisisce con una vita intellettualmente attiva e stimolante) che funziona da difesa contro l’avanzare della demenza e non solo. La persona bilingue, viene specificato, è capace di compensare meglio gli effetti neurodegenerativi della malattia di Alzheimer, presa in considerazione nello studio. Si osserva che più le due lingue sono utilizzate e migliori saranno gli effetti sul cervello e sulle performance.

“Il punto – afferma Daniela Perani – non è quindi conoscere due lingue, ma usarle costantemente in maniera attiva e durante tutto l’arco della vita. Questo dovrebbe suggerire alle politiche sociali degli interventi atti a promuovere e mantenere l’uso delle lingue e altrettanto dei dialetti nella popolazione”.

Daniela Perani evidenzia dunque un aspetto che forse in altri studi non è stato abbastanza sottolineato con tutti gli evidenziatori in commercio: “Essere bilingui non significa necessariamente parlare italiano e inglese o italiano e tedesco, ma anche italiano e dialetto della zona di provenienza. Per questo sarebbe importante attuare iniziative di difesa delle ‘parlate’ regionali, che invece si perdono”.

Parlando e scrivendo nelle mie tre lingue mi mantengo sempre giovane e irrobustisco ogni giorno lo scudo contro le degenerazioni della vecchiaia (Chi nicchi e nacchi è un chiarissimo esempio di libro trilingue: prefazione e postfazione in italiano, cunti e canti in siciliano e siciliano-italiano) .

Evviva la scienza! Evviva gli scienziati! Evviva il plurilinguismo! Evviva la mia madre lingua (il siciliano) e la mia seconda lingua (l’italiano)!

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