I fedeli potranno venerare il suo corpo nella chiesa di Santa Chiara a Canicattì. L’arcivescovo di Agrigento Alessandro Damiano: “Il corpo del beato destinato alla resurrezione e artefice di resurrezione per tutti. Un grande segno per tutti noi. E occorre continuare sempre a contrastare il fenomeno mafioso”

Un accenno di barbetta, i capelli lunghi del suo volto “con gli evidenti segni del martirio”. Una cravatta rossa, la toga di magistrato e un vangelo in mano. Eccolo Rosario Livatino, il magistrato ucciso giovanissimo dalla mafia e ora beato della Chiesa, il cui corpo si può venerare nella grande chiesa di Santa Chiara, a Canicattì. Città che ieri ha accolto il beato che tutti adesso aspettano diventi Santo.
Un esercito di sacerdoti accanto all’arcivescovo Alessandro Damiano ha fatto da scudo alla teca dove riposa il Beato. Più di un migliaio di persone, molti giunti anche da altre parti della Diocesi, hanno affollato la strada, non tanto lontana dal nuovo complesso parrocchiale di Santa Lucia.
Monsignor Damiano, durante l’omelia, ha spiegato l’importanza, per tutta la comunità di fedeli della diocesi di Agrigento e non solo, di questo “segno”:
“Nessuna parte del corpo è stata esportata – ha sottolineato l’arcivescovo di Agrigento – Nell’esperienza della fede i segni sono importanti e oggi abbiamo due segni: il corpo ecclesiale che è l’assemblea qui presente e il corpo incorrotto del beato Rosario Angelo Livatino destinato alla resurrezione e artefice di resurrezione per tutti. Ora Il Beato Livatino torna tra la sua gente, riconsegnato alla sua città e alla sua Chiesa“.
La Reliquia di Rosario Livatino – la camicia che indossava quando i killer gli spararono il 21 settembre 1990 lungo quella maledetta scarpata della strada statale 640 – in questi anni ha fatto il giro di mezza Italia. Tutti colpiti dal sangue “testimonianza del suo martirio“, come ha ribadito l’arcivescovo che ha deciso di rendere visibile il corpo del magistrato solo alcuni momenti della vita ecclesiale.
Per una settimana i fedeli potranno perciò osservare il corpo del beato sul cui volto è stata collocata una maschera di silicone che ricostruisce i tratti del volto del “piccolo giudice”. Solo tre giorni l’anno strettamente legati alla vita del Beato sarà visibile nell’altare della Chiesa il 21 settembre, giorno del martirio, il 29 ottobre, memoria liturgica e il 9 maggio, giorno della beatificazione. Per il resto dell’anno sarà collocato dentro la sepoltura privilegiata, non visibile, nella cappella a lui dedicata, su un monumento che ricostruisce in marmo i due libri segni della sua vita, il Vangelo e il Diritto.
Presenti ieri, tra gli altri, accolti dal sindaco di Canicattì Vincenzo Corbo, il prefetto di Agrigento Salvatore Caccamo, l’assessore regionale Giusy Savarino, il presidente del Libero Consorzio di Agrigento Giuseppe Pendolino, numerosi sindaci della provincia e autorità civili e militari.

Una giornata storica per la città di Canicattì e per tutto il territorio, al di là se si è credenti o meno. Va raccontata a tutti, e soprattutto alle nuove generazioni, la scelta di Rosario Livatino. La scelta di essere un cittadino onesto, prima di tutto. E un vero credente che ogni giorno si affidò alla Tutela di Dio. Sub Tutela Dei, scriveva sulle sue piccole agende che subito dopo la sua morte sono diventate preziose perché specchio del suo stato d’animo.
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L’articolo di Felice Cavallaro pubblicato il 9 maggio 2021, giorno della Beatificazione di Rosario Livatino