Simbolo di un popolo che non dimentica e continua a camminare a testa alta

Il Primo Maggio, Festa del Lavoro, in Sicilia ha un significato che va ben oltre la semplice celebrazione dei diritti dei lavoratori. È una data intrisa di memoria, lotta e riscatto sociale. Per molti siciliani, infatti, il Primo Maggio è un giorno in cui il lavoro non è solo una questione economica, ma anche una questione di giustizia sociale e dignità umana.
Il 1° maggio del 1947, a Portella della Ginestra, una località montuosa tra Piana degli Albanesi e San Giuseppe Jato, si consumò una delle pagine più tragiche della storia del dopoguerra italiano. Durante una manifestazione pacifica organizzata da contadini e lavoratori, per celebrare la Festa del Lavoro e rivendicare l’accesso alla terra e a condizioni di vita più giuste, il bandito Salvatore Giuliano e la sua banda aprirono il fuoco sulla folla. Il bilancio fu terribile: 11 morti e decine di feriti, tra cui donne e bambini.
Quell’attacco non fu un episodio isolato di banditismo, ma un atto con precise motivazioni politiche. La strage fu diretta contro il movimento contadino siciliano. La repressione violenta fu il segnale che le élite agrarie e i poteri mafiosi non intendevano cedere il controllo del territorio e dei lavoratori.
Portella della Ginestra è oggi un luogo di memoria e resistenza. Ogni anno, il Primo Maggio, sindacati, associazioni, studenti e cittadini si riuniscono lì per commemorare i caduti e rinnovare l’impegno per il lavoro giusto e dignitoso. È una celebrazione profondamente legata all’identità siciliana, che unisce il ricordo delle ingiustizie subite alla speranza di un futuro migliore.
Oggi, per molti giovani siciliani, il lavoro continua a essere una sfida. La disoccupazione, la precarietà e la fuga di cervelli rendono il significato del Primo Maggio ancora più attuale. Tuttavia, accanto a queste difficoltà, emergono nuove forme di attivismo e cooperazione sociale, che cercano di costruire alternative concrete, nel segno della legalità e della solidarietà.
La Festa del Lavoro, in Sicilia, è quindi una giornata di memoria viva e partecipata.
Io la ricordo come un evento emozionante. Ricordo, negli anni 70, ero giovane, a Grotte si festeggiava la festa del Primo Maggio come evento di popolo, con una grande partecipazione. Mi emozionava l’inno dei lavoratori e soprattutto la felicità dei tanti contadini ed operai presenti all’evento.
Gaspare Agnello era sempre presente ed i suoi interventi appassionati insieme a quelli di Totò Carlisi detto Ardicasi, erano memorabili, soprattutto quando ricordavano i sindacalisti uccisi dai mafiosi per difendere i diritti dei lavoratori.
Tra i tanti evocati nei comizi del Primo Maggio ricordo Placido Rizzotto, sindacalista della Cgil, rapito e ucciso dalla mafia il 10 marzo 1948 a Corleone. Il suo corpo fu gettato in una foiba a Rocca Busambra. La sua morte divenne simbolo della lotta contro il latifondo e la mafia. Ricordo Accursio Miraglia, sindacalista e politico siciliano, noto per il suo impegno nella difesa dei diritti dei lavoratori e nella lotta contro la mafia. Nato a Sciacca il 2 gennaio 1896, nel 1945 fondò la cooperativa contadina “Madre Terra”, che assegnò terre incolte ai braccianti, sfidando così il potere dei latifondisti e della mafia.
Il 4 gennaio 1947, Miraglia fu assassinato davanti alla sua abitazione a Sciacca. La sua morte suscitò indignazione in tutta la Sicilia e portò a un’inchiesta che identificò gli assassini e i mandanti, tra cui alcuni proprietari terrieri della zona. Il suo sacrificio divenne simbolo della lotta per la giustizia sociale e contro la criminalità organizzata.
Momenti evocativi e molto suggestivi che anche noi giovani di azione cattolica, vivevamo come accomunati a quelli di cultura socialista, e questo perché il primo maggio è il giorno in cui si onorano i martiri di Portella della Ginestra, ma anche tutti coloro che ogni giorno lottano per un lavoro che sia fonte di dignità, e non di sfruttamento. È il il simbolo di un popolo che non dimentica e che, nonostante tutto, continua a camminare con la testa alta.
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Salvatore Filippo Vitello
Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma