Fondato a Racalmuto nel 1980

Testimoni di Geova alla Fondazione. É polemica

RACALMUTO Molti gli interventi. Commenta anche Gaetano Savatteri: “Se un errore è stato fatto in passato, non occorre perseverare. Non serve atteggiarsi a vittime”

Ha fatto molto discutere la scelta del Consiglio di amministrazione della Fondazione Sciascia di Racalmuto di concedere la sala dell’importante istituzione culturale che custodisce la memoria del grande scrittore siciliano per il 4 aprile ai Testimoni di Geova. Una scelta che ha acceso polemiche anche fuori dai confini del paese.

Il volantino dell’iniziativa di Testimoni di Geova alla Fondazione Sciascia di Racalmuto

Il 20 marzo, sulle colonne del quotidiano “Domani”, Attilio Bolzoni firma un articolo in cui racconta il fatto legandolo al “caso” Camilleri, al documento vergato a mano dallo scrittore, trovato in discarica, con cui autorizzava il Comune di Porto Empedocle ad utilizzare il nome che aveva inventato per ambientare i suoi racconti, Vigàta, per i cartelli turistici.

Nel pezzo Bolzoni, giornalista attento ai fatti dell’Isola, si chiede come mai, con tante altre sale libere in paese e con tutto rispetto per i testimoni di Geova, la Fondazione – spesso paragonata a un tempio laico – era il posto più adatto per ospitare una cerimonia religiosa.

Bolzoni parla di “ingratitudine dei siciliani”, forse esagerando. Spesso queste scelte, si sa, sono legate a regolamenti, carte, timbri. Non sempre dietro la burocrazia ci sono scelte condivise, soprattutto dalla comunità. Che ne potevano sapere i cittadini di Porto Empedocle della fine in discarica di un documento che è un pezzo di storia contemporanea della città, o i cittadini di Racalmuto delle scelte, anche regolamentate, di un consiglio di amministrazione?

No, gli empedoclini, così come i racalmutesi, non hanno dimenticato i loro scrittori. Queste città sentono forte il legame con il nome e le opere di questi grandi autori.

E lo si vede nel recupero dei luoghi, nelle tante iniziative culturali organizzate da enti pubblici e privati, nei percorsi turistici inevitabilmente legati ai luoghi letterari.

Forse è la politica che è ingrata, quella ad alti livelli che non sempre è stata vicina a queste istituzioni culturali, tranne che non ci siano legami profondi con il deputato di turno.

La vicenda della scelta di “affittare” la sala della Fondazione Sciascia potrebbe sembrare una storia complicata se si fa riferimento, come ha sostenuto il sindaco di Racalmuto Vincenzo Maniglia che per statuto è il presidente pro-tempore della Fondazione, ad un regolamento approvato vent’anni fa dal Consiglio di amministrazione che stabilisce la concessione della sala dietro corrispettivo.

E invece pare essere una storia semplice, sempre per citare un altro libro di Sciascia. Un regolamento si può modificare quando si vuole, si può perfezionare.

Se è stato un errore affittare la sala per un certo tipo di cerimonie, perché continuare a sbagliare solo perché vent’anni fa qualcuno ha scritto nero su bianco regole e norme?

Rispetto a vent’anni fa tante cose sono cambiate: sindaci, assessori, componenti del consiglio di amministrazione.

L’attuale sindaco Maniglia, rispondendo su Malgrado tutto all’articolo di Gaetano Savatteri, pone la questione facendola diventare politica. Niente di più sbagliato. “Il sindaco Maniglia vede manovre politiche – dice Savatteri – quando basterebbe guardare l’errore fatto e correggerlo. Se in passato è stato fatto l’errore di dare la sala ai Testimoni di Geova, si vuole perseverare? Vedremo la Fondazione offerta, a pagamento, a terrapiattisti e a negazionisti della Shoa? Ma un errore fatto si somma ad altri errori fatti, inevitabili quando si amministra, mentre è meglio (come fa il sindaco e presidente della Fondazione) atteggiarsi come un qualunque Trump di provincia, vittima presunta dei poteri forti. Forse Maniglia avrebbe preferito un paese addormentato e in lockdown. Ma l’epidemia è finita, e il risveglio è polemico in un paese come Racalmuto appassionato di polemiche e di discussioni. E o non è il Paese della Ragione? Il sindaco si rassegni: questo è il paese che si è scelto e che lo ha scelto”.

Altri, come il professor Antonio Di Grado, direttore letterario della Fondazione Sciascia, intervengono sui social: “Racalmuto ha mille meriti, ma è un paese litigioso – scrive Di Grado sulla sua pagina facebook – e i nemici del sindaco di turno nonché della Fondazione sono soliti invitare questo o quel giornalista a denunziare le millantate malefatte”. Di Grado, che è anche “cittadino onorario” di Racalmuto, sa bene che questo è il paese. Di questa Racalmuto Sciascia è figlio, di questo paese che ama il dibattito, la polemica, i “colpi di penna”. Dire però in questo caso che il paese è litigioso ci si allontana dal tema in questione. Nessuno ha mai pensato di colpire il sindaco, né tantomeno i vertici della Fondazione. Nessuna lite, nessun atto contro “sindaci e commissari”, per citare un capitolo delle Parrocchie di Regalpetra, quel libro di Sciascia dedicato a questo paese che ama discutere, ragionare, vivere nel dubbio e nell’incertezza. Una forza che ancora si nasconde dietro interventi sui social, nei versi irriverenti che richiamano le poesie anonime di un tempo. Come fa ancora il poeta Giovanni Salvo che dice la sua, come tanti, intervenendo – citando Pirandello – su queste parole del sindaco pubblicate sempre su Malgrado tutto: “Sostanzialmente – scrive Salvo – il nostro sindaco, ieri grande criticone della precedente sindacatura Messana, nella sua difesa scritta non esita a tirar fuori la corda pazza per dare del matto a quanti, come me, nella qualità di semplici cittadini, si sono limitati a commentare alcune scelte della sua amministrazione… Alla corda pazza preferisco quella civile, che porta a ragionare e ad essere più tolleranti”.

Altri sono intervenuti, così come è accaduto per altre scelte amministrative, alcune condivise altre no. È il sale della democrazia e ogni cittadino ha il dovere di dire la propria. Anche così vive un paese, a maggior ragione se si tratta del paese di Sciascia.

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