Fondato a Racalmuto nel 1980

Il Grande Mattatore, allegro e malinconico

RICORDO. Mimmo Butera leggeva tutti i libri, ma non ha mai voluto scriverne uno. L’omaggio di Gaetano Savatteri

L’ho perso. Lo abbiamo perso per sempre. Certo, lo so che si dice così quando perdiamo un amico, una persona cara, un pezzo della nostra vita. Mimmo Butera, il grande mattatore, ci ha lasciati. E da oggi siamo più soli, più tristi, più amari e più sconsolati.

Ma quello che non riesco a perdonargli – oltre al fatto di essersene andato troppo presto, nei giorni in cui i credenti celebrano una nascita di duemila anni fa – è che Mimmo non ha fatto quello che per anni gli ho detto di fare. “Mimmù, scrivi un libro” gli dicevo. “Mettici le storie che sai raccontare, le storie tue, del tuo paese, le storie nostre, della nostra terra”. Rideva, si schermiva: “Nun sacciu scriviri”. Ma non era vero. Era uno scrittore alluvionale, poteva scrivere pagine e pagine senza riuscire mai a mettere la parola fine. Adesso l’ha messa, e purtroppo è definitiva.

Mimmo Butera a CasaSciascia (Foto di Ignazio Marchese)

Per questo ora vado alla mia libreria e cerco di trovare il libro del grande mattatore Mimmo Butera. E sfoglio le prime pagine cercando di trovare la testimonianza di un’infanzia complessa, di un’adolescenza piena di intelligenza brillante e di precoce passione politica. Cerco di rintracciare le sue recensioni fulminanti sui libri che aveva letto; i suoi giudizi lapidari, ma sempre umani, su fatti e persone; le sue imitazioni e parodie esilaranti.

Il grande mattatore era innanzitutto un grande raccontatore. Una capacità innata di abbozzare una scena, di riprodurre una gag, di illuminare un episodio con la luce dell’ironia.

Perché non hai scritto il tuo libro, Mimmo? Adesso andrei a rileggerlo per piangere e per ridere con te. E ritroveremmo le foto di quando eri leader degli studenti agrigentini, di quando eri protagonista del premio Racalmare, di tutte le volte che sei stato marito, padre, amico che non passava mai inosservato.

Lo so perché non l’hai scritto quel libro che adesso cerco inutilmente. E’ un libro mai scritto, un libro perduto. Lo hai fatto per pudore, quello stesso pudore che affiorava quando alzavi le spalle e lasciavi intravedere dietro la tua natura allegra, guascona e caustica che guariva le amarezze, anche un po’ della tua anima malinconica.

Ma lo hai fatto perché eri e resti un grande mattatore. Vuoi che adesso tutti noi che ti abbiamo voluto bene stiamo lì a raccontarci e a ricordare le avventure della tua intelligenza, le tue battute fulminanti, il tuo affetto passionale, il tuo coraggio – quello non ti è mai mancato, fino all’ultimo. E va bene, lo scriviamo noi il tuo libro, con le nostre memorie, con il nostro sorriso, con le nostre lacrime. Ma non terremo conto delle tue ritrosie e proteste, questa volta. Lo intitoleremo così, come meriti: “Il grande mattatore”.

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