Fondato a Racalmuto nel 1980

“Quando vi saluto non vedo mai la fine di una storia”

Lettera di una Maestra ai suoi alunni di quinta. “Voi, oggi, avete nella mente e nel cuore tutto ciò che serve per vivere una vita davvero speciale”

Valeria Iannuzzo

Non mi sono mai piaciuti gli addii, ho sempre preferito di gran lunga gli arrivederci. Per questo non ho mai pianto lasciando i miei alunni. Mai una lacrima, mai un sospiro, mai un rimpianto. Non lo farò neanche questa volta. Qualcuno potrebbe pensare che il mio cuore sia di pietra, che non mi affezioni alle persone, che non investa nelle relazioni. Invece no, anzi, credo che tutto debba essere visto al contrario.

Io amo infinitamente la scuola. Mi sono sempre innamorata dei miei alunni, mi sono follemente innamorata di voi, quasi a perderci la testa. Per voi mi è battuto forte il cuore, non ho dormito la notte, ho avuto le farfalle nello stomaco. Per quanto professionale ed oggettiva, non ho mai saputo serrare il mio cuore, bloccare le mie emozioni, assopire le mie passioni.

Per me non siete mai stati numeri, nomi alfabeticamente ordinati, matricole catalogate. Voi siete sempre state persone uniche, speciali, irripetibili. Ho sempre investito tempo ed energie su ciascuno di voi, per aiutarvi a crescere, a vivere, a gioire. Non mi sono mai arresa davanti agli ostacoli, né fatta ingannare dalle apparenze. Ho imparato a vedere oltre, a proiettare nel futuro, ad immaginare il cambiamento. Non è che mi sia andata puntualmente bene, qualche volta ho anche toppato, ma ci sta, perché non stavo programmando macchine ma educando persone.

Ecco, l’essenza dell’opera di un insegnante è riconducibile all’educare. Credetemi non è cosa facile. Educare è un’impresa ardua perché non sei mai da solo a farlo. A scuola si educa in squadra, con i colleghi, i compagni di classe, i collaboratori scolastici. Dall’altro lato ci sono i genitori, che possono condividere il tuo stesso progetto o remarti contro. È una partita complicata perché non tutti corrono allo stesso modo, non tutti padroneggiano gli stessi schemi, non tutti vanno nella stessa direzione.

Comunque siamo tutti lì a giocare la stessa partita, con ruoli certamente diversi e strategie differenti, ma tutti miriamo ad un unico obiettivo. E così capita di perdersi, di scontrarsi, di cadere. Se la squadra ti sostiene, allora riparti, in caso contrario diventa più difficile. Ed è qui che devi dimostrare di essere un buon insegnante, un bravo maestro di vita.

Per quanto complicato devi avere la capacità di trascinare la squadra verso il traguardo, facendo da apripista, e allo stesso tempo stare in coda pronto a soccorrere chi ha perso la meta. Devi vigilare sui deboli, spronare i meno veloci, incoraggiare gli insicuri, gratificare i più forti. Devi stimolare ciascuno a dare il proprio massimo, renderlo consapevole delle proprie potenzialità, dei propri limiti. E mentre sulle potenzialità tutto diventa possibile, sui limiti bisogna sapientemente dosare parole, opere e omissioni. Guai ad ingenerare false pretese, inadeguatezze, frustrazioni.

A scuola non si è tutti uguali, ma tutti diversi e speciali, unici nel proprio genere, singolari in ogni espressione. Farvi comprendere quanto ciascuno sia speciale è stato il mio primo importante obiettivo. Serena ha una splendida voce, Giacomo è incredibilmente intuitivo, Martina è creativa, Carmelo è abile a livello motorio, Giovanni è dinamico, Simona è altruista.

Ecco, a ciascuno il suo. A scuola per essere i migliori non si deve ottenere dieci in tutte le discipline, ma distinguersi gli uni dagli altri. E ciò che sempre più spesso ci distingue è la buona o la cattiva educazione.

Io non sono una vostra amica. Non sono la vostra mamma. Per comprendere un bambino non è necessario porsi al suo stesso livello, avere senso materno, ma essere dotati d’empatia.

Dopo tanti anni, non ho neppure bisogno che mi dite se siete preparati, se avete studiato: ve lo leggo in faccia. Non è necessario, entrando in classe, chiedere chi ha alimentato una lite: ve lo leggo in faccia. Non è necessario che qualcuno faccia nomi, se voglio sapere chi ha causato un danno: ve lo leggo in faccia. E se c’è una dote che ammiro nei miei studenti è la sincerità. Voi lo sapete.

Non ho mai nascosto i miei limiti, i miei errori, le mie dimenticanze. Ho sempre mostrato la mia umanità, le mie debolezze, la mia autenticità. Nessuno è perfetto. Si sbaglia e dagli errori si impara e si cresce. Lo ripeto sempre ai miei studenti, lo ricordo sempre a me stessa. Sono consapevole che al di là delle parole, io abbia lasciato in ciascuno di voi un indelebile segno attraverso il mio esempio. Non si può predicare bene e razzolare male. Finisci presto di essere credibile.

Non so se sia stata una buona o una cattiva maestra, quanto sapere vi abbia trasmesso, quanti metodi vi abbia insegnato, quante competenze abbia sviluppato. Non lo so. Spero di essere stata una maestra di vita, un modello da seguire, un esempio da emulare, almeno per uno di voi.

Spero di avervi dato tutti gli strumenti necessari per affrontare i piccoli e grandi problemi. Spero di avervi reso abbastanza forti per poter superare ogni tempesta. Spero di avervi insegnato che l’umiltà, dote rara e preziosa, batte sempre l’arroganza, l’ignoranza e la presunzione. Spero che abbiate imparato a difendervi a fare valere le vostre idee, a lottare per i vostri sogni senza mai usare la violenza. Spero che abbiate fatto vostro il concetto di rispetto per voi stessi e per gli altri.

Spero di avervi insegnato tutto quello che avrei potuto, anche se oggi, fermandomi, mi accorgo che è stata la vita a darvi la lezione più grande. In poche ore vi ha privati della libertà, degli amici, dello svago, della scuola. Ed è così che avete imparato ad apprezzare quanto sino a quel momento avevate dato per scontato.

Avete apprezzato la scuola, gli insegnanti, i compagni, i compiti, le interrogazioni. Avete apprezzato la vita vera, fatta di persone, di relazioni, di emozioni. Avete imparato che la vita è preziosa e va tutelata. Avete imparato più cose di quante io avrei mai sperato. E allora ritorno a chiedermi se ho fatto bene il mio lavoro, se avrei potuto fare di più, se sono stata veramente una buona insegnante.

Fare bilanci in questo momento è piuttosto difficile. Ho imparato che il cavallo buono si vede a lunga corsa, così come il bravo docente si può valutare quando i suoi studenti sono diventati grandi, hanno preso consapevolmente parte nel gioco della vita, hanno assunto ruoli sociali responsabili.

Essere un buon insegnante non vuol dire aver riempito per bene vasi vuoti, ma aver dato a ciascuno studente gli strumenti per crescere bene, ritagliandosi uno spazio nel tessuto sociale.

Ecco, mentre vi saluto ho già davanti a me questa visione. Vi vedo grandi, culturalmente formati, professionalmente affermati, umanamente completi.

Quando vi saluto non vedo mai la fine di una storia, ma l’inizio di una meravigliosa avventura chiamata vita. E voi, oggi, avete nella mente, nel cuore e nelle mani tutto ciò che serve per viverne una davvero speciale.

 

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