Fondato a Racalmuto nel 1980

L’incertezza e la speranza di una società migliore

Viviamo in un mondo dove ci sono connessioni ma non relazioni, conoscenti ma non amici

Salvatore Filippo Vitello

“Cosa sia un uomo realmente vivo si sa oggi meno che mai, e perciò si ammazzano gli uomini in grandi quantità, mentre ognuno di essi è un tentativo prezioso e unico della natura..la storia di ogni uomo è importante, eterna, divina, perciò ogni uomo fintanto che vive in qualche modo e adempie il volere della natura è meraviglioso e degno di attenzione. In ognuno lo spirito ha preso forma, in ognuno soffre il creato, in ognuno si crocifigge un Redentore”.(Hermann Hesse, Demian, 1919)

Questo percorso argomentativo, sia pure con le dovute differenze, era stato aperto anni prima da Kant che postulava l’esistenza di un ordine morale del mondo, garantito da Dio e dall’immortalità dell’anima, che assicura la possibilità di un’armonia tra virtù e felicità. Questi “postulati” della ragion pratica, come li chiama Kant, non sono dimostrazioni speculative, ma necessità pratiche che la ragione richiede per dare senso all’impegno morale. Rispetto a questi pensieri luminosi come si è evoluto e si evolve il vissuto delle persone.

“L’uomo si identifica con il ruolo che è costretto a vivere:..E quindi non siamo mai individui autentici, ma veri e propri imitatori: imitiamo modelli e stereotipi prodotti dalla società in cui viviamo. Persino nei comportamenti più intimi recitiamo in realtà dei ruoli precostituiti. L’inquinamento della nostra mente è troppo esteso. Bisogna imparare a dire la verità, ma per dire la verità, bisogna essere diventati capaci di conoscere che cos’è la verità e che cos’è la menzogna, soprattutto in se stessi”. (Georges Ivanovič Gurdjieff, (ilosofo armeno da cui ha tratto ispirazione anche Franco Battiato).

In un tempo storico in cui le derive egocentriche e performative minacciano il senso di umanità, questa distinzione appare urgente: non è l’intetesse di una parte a garantire la qualità dell’agire, ma la capacità di fare coincidere quell’intetesse tutto con il rispetto per l’uomo.

A questo proposito mi pare pertinente citare Norberto Bobbio con le sue parole sulla mitezza. “La mitezza è il contrario della protervia e della prepotenza..l mite non serba rancore, non è vendicativo, non ha astio verso chicchessia..Il  mite può essere configurato come l’anticipatore di un mondo migliore”. (Norberto Bobbio, Elogio della mitezza, 1994).

Purtroppo nella Palestina come in Ucraina ed in altre regioni del mondo, teatri di efferate violenze, ogni giorno porta la notizia che si è andati al di là di dove  si pensava  che non si sarebbe mai proseguito.

Questi sono i nostri tempi, tempi disperati, dove non si riesce più a riflettere sul valore unico della persona umana. È mai possibile che debba veramente andare così? Che non ci sia modo di resistere a tanta disperazione.

In un mondo stravolto dal venire meno degli equilibri tradizionali come possiamo reagire all’incertezza ed al venire meno della speranza di una società migliore. Questo è l’interrogativo

Gli antichi greci avevano una parola bellissima, una parola unica al mondo che racchiude un messaggio straordinario: οἶδα oida. Ecco οἶδα non significa «sapere» o «vedere» ma significa «io so perché ho visto”

Guardarsi l’un l’altro negli occhi, senza paure, inganni o travestimenti, è l’essenza della verità. Oggi invece abbiamo disimparato a guardarci negli occhi! La nostra è una società che non ha più tempo per la complessità del conoscersi. Viviamo in un mondo dove ci sono connessioni ma non relazioni, conoscenti ma non amici. Tornare a guardarci l’un l’altro, guardarsi non «contro» ma «verso», non «malgrado» ma «insieme» è questa umanità che realizza la verità.

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Salvatore Filippo Vitello

Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma

 

 

 

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