Fondato a Racalmuto nel 1980

Giuseppe Scibetta, il “Rascel” di Racalmuto

Un personaggio simpaticissimo e poliedrico con una storia che merita di essere raccontata  

Giuseppe Scibetta fotografato nella piazza di Racalmuto (foto © Salvatore Picone)

Oggi la nostra “Memoria” è dedicata a Giuseppe Scibetta, il  “Rascel” di Racalmuto, l’allegro personaggio che in paese si sentiva sempre turista in vacanza, riconoscibilissimo nelle mattinate estive con la sua paglietta mon amour.

Era un piacere prendere un caffè con lui quando ancora la piazza di Racalmuto resisteva alla solitudine e al triste deserto di oggi. Sembra una vita fa, ma sono passati solo pochi anni. Diceva sempre apertamente che amava la stravaganza nonostante in paese, sosteneva, c’è chi parla sempre a sproposito. E non aveva tanto torto: dannato quel paese che non si fa gli affari propri! Era bizzarro, stava in piazza tutte le mattine, dalle nove alle undici. E gli ultimi anni della sua vita li ha trascorsi serenamente nella Casa di Riposo di Racalmuto dove è morto, nel febbraio del 2023, alla bell’età di 95 anni,.

Amava essere personaggio. Faccia simpatica, sempre con la battuta pronta per amici, ragazzi, turisti che incrociava e intratteneva. Si sentiva turista anche lui pur non allontanandosi mai dal suo villaggio. Amava la musica, e Renato Rascel era il suo mito. Per questo tutti lo hanno sempre chiamato così (e così venne ricordato anche nei manifesti a lutto che annunciano la sua morte.

Scibetta durante la Festa del Monte (foto © Salvatore Picone)

«Da ragazzo mi sentivo un po’ come il grande cantante e attore comico, mi dicevano che somigliavo proprio a Rascel», scherzava. Sapeva fare ironia anche su se stesso. Lo imitava quando si sentiva ispirato dalle cose che sentiva e vedeva in giro. Sapeva attorcigliare bene filastrocche di noti cantautori con versi suoi nati per caso.

Da qualche parte il fotografo Pietro Tulumello dovrebbe avere un lungo video di un suo “intrattenimento” sul palco del teatro Regina Margherita: una registrazione che ormai fa parte della memoria storica di un paese che anche attraverso questi personaggi dava prova di essere una comunità viva. Ballava ed era felice,  Canticchiava una delle sue surreali tiritere che somigliavano ai testi di Martelli e Tumminelli: “Io ti abbraccio amico caro, anche se sarai di là…”.

Si sentiva un uomo di mondo Scibetta-Rascel, fiero di aver viaggiato tra Roma, Genova, dove ha vissuto per un po’, e la Toscana e la Germania: “I miei sketch hanno fatto divertire generazioni di ragazzi»”. Amava i giovani e come ogni vero “artista” affidava le speranze nelle loro mani: “Come si fa, come si fa – ci disse una volta arrabbiato, durante una registrazione video – che nessuno pensa al loro futuro!?”. “E poi – aveva aggiunto – a Racalmuto nessuno li fa più ridere. Proprio così: questo paese non si diverte più, troppo litigarello, troppe gelosie e non solo tra i ragazzi”.

Canticchiava a memoria le prime strofe di un’altra delle filastrocche del suo mito: “E’ arrivata la bufera/è arrivato il temporale/chi sta bene e chi sta male/e chi sta come gli par”. E poi indimenticabile Dove sta Zazà: “Quanta folla per la via… Con Zazà, compagna mia, Me ne andai a passeggià… Dove sta Zazà? Uh! Madonna mia”. Sembra di risentirlo sul palco in una di quelle belle feste di quartiere, quando erano partecipate e vive, genuine e vere. La gente applaudiva, si divertiva. E lui era felice quando a Racalmuto dedicava i noti versi di Roma nun fa la stupida stasera: «faje sentì ch’è quasi primavera, manna li mejo grilli pe fa’ cri cri…».

Ciao caro”Rascel”, nei nostri cuori c’è sempre un posto per te. .

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