Angelo Pitrone si racconta. “Il paesaggio, il ritratto e la Sicilia i principali filoni della mia ricerca”. Il prossimo 6 luglio a Vézelay, in Francia, inaugurazione della Mostra fotografica “Agrigento Intima. Luoghi della scrittura in Sicilia”

Ho iniziato a fotografare quando andavo ancora in terza liceo, ad Agrigento nel 1973. Un mio amico, Pasquale, possedeva una camera oscura, e per la prima volta conobbi la magia delle foto che appaiono sulla carta bianca, nella tenue luce della lampadina rossa. Ho iniziato dunque nel modo più tradizionale, alla scuola del bianco e nero da autodidatta. I temi delle mie prime foto sono stati quelli legati al sociale, alle feste religiose, alla città, ai personaggi, al paesaggio sia naturale che artistico. Sono gli anni dei primi concorsi fotografici e delle prime esposizioni.
Ma è a partire dai primi anni ’80 che il mio lavoro si delineerà con maggiore nitidezza, cominciando a prediligere temi più precisi e più specifici. Il paesaggio, il ritratto e la Sicilia saranno i principali filoni della mia ricerca. Viaggio nella Sicilia di Pirandello sarà il primo libro, pubblicato con Vallecchi nel 1984, ad aprire un lungo ciclo che coniuga fotografia paesaggio e letteratura, che arriva fino ai giorni nostri con I Luoghi del Romanzo del 2004, per l’editore Sciascia, e Da Girgenti ad Agrigento del 2025 edito dal Centro Nazionale Studi Pirandelliani.
Nel 1982 nasce il progetto di un libro fotografico per me fondamentale, che sarà la chiave di volta per lo sviluppo futuro della mia fotografia. Si tratta di Palermo Bandita. Che, seppure ancora in bianco e nero, comincia a mostrare una realtà sospesa, in cui scompare la figura umana, e dove la foto passa da documento del reale a sintesi e metafora del pensiero. Cominciano a comparire particolari di segni e tracce sui muri, le ombre e le scritte assumono un rilievo preponderante. Il volume, di grande formato, vedrà la luce soltanto nel 1997, sempre per l’editore Sciascia, con l’introduzione di Giuseppe Tornatore.
Ma il mutamento di stile è prossimo ad arrivare. Insieme alla fotografia in bianco e nero, nel corso degli anni ’80 e soprattutto negli anni ’90, ho lavorato col colore, sia pellicole diapositive che negative. Sono gli anni della scoperta della fotografia di paesaggio americana contemporanea, e di un autore italiano, Luigi Ghirri, prematuramente scomparso nel 1992, ispiratore di quella scuola italiana che successivamente si sarebbe chiamata la Scuola Emiliana. Il cui manifesto poetico è stato la mostra e soprattutto il libro Viaggio in Italia del 1984.
Nei primi anni del nuovo secolo escono una serie di lavori in gran parte concepiti nel decennio precedente, Sono Solarium e Convivio, per L’Epos edizioni, due grandi libri sulla Sicilia a colori. Linea di Terra e Viaggio d’Acqua, per le Edizioni di Passaggio, rappresentano il lavoro più recente sul paesaggio, ponendo l’attenzione sui luoghi della contemporaneità e della marginalità, come gli impianti portuali e le stazioni ferroviarie, in cui il paesaggio tradizionale si intreccia con strutture industriali e pesanti interventi dell’uomo, che lascia tracce di un nuovo abbandono.
Nello stesso periodo ho insegnato Storia e Tecnica della Fotografia presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo.
Il nuovo millennio ha aperto un’epoca nuova nella storia della fotografia, il digitale. Ed è stata la logica evoluzione del colore, dalla pellicola alle nuove tecnologie. Ovviamente anch’io mi sono convertito ai nuovi strumenti di lavoro e Lo Sguardo Obliquo ne è un po’ il compendio, anche se ancora compaiono immagini analogiche da pellicola e da Polaroid.
In questa nuova raccolta di immagini, è la marginalità della visione che mi ha guidato nella scelta. Il soggetto è determinante per una nuova poetica, quando sono venuti meno i vecchi temi della fotografia umanistica di stampo bressoniano. E’ una rinuncia al canone di una bellezza tradizionale. Una democraticità dello sguardo che pone ogni elemento della nostra esperienza visiva sullo stesso piano.
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