Viaggiare vuol dire stabilire una meta, avere un interesse specifico, segnare sulla carta geografica un obiettivo che abbia rilevanza storica

Viaggiare vuol dire stabilire una meta, avere un interesse specifico, segnare sulla carta geografica un obiettivo che abbia rilevanza storica. Solo così il viaggio per me ha la sua giustificazione, il suo motivo d’essere. Per alcuni basta segnare un puntino su una mappa, per me viaggiare è attraversare la storia, riviverla: trovarsi dove si sono svolti fatti degni di cronaca, ma non solo, i luoghi che ricordano certi avvenimenti, in qualche modo, devono collegarsi ai luoghi dove risiedo o dove ho fatto le mie esperienze di vita. Si sa che i miei collegamenti sono spesso dei voli pindarici collegano il luogo dove mi trovo, in questo caso Roma con la Sicilia e con Piacenza.
Dovendo parlare di fatti avvenuti nel XVI secolo, non posso tralasciare la Chiesa di Santa Maria Odigitria o Chiesa d’Itria, che fondata a Roma nel 1593 divenne la Chiesa dei Siciliani. Questa Chiesa riguarda anche la storia religiosa della nostra città perché proprio qui don Paolo Miraglia Gullotti verrà invitato dall’avvocato Circenzio Bertucci di venire a Piacenza, nel maggio del 1895, per predicare il mese mariano nella basilica di San Savino (leggasi a proposito il saggio storico L’eretico don Paolo Miraglia). Nella stessa chiesa troviamo l’altare di San Corrado Confalonieri e due ceri votivi di Noto, città cui è Patrono. San Corrado nasce a Calendasco nel 1290 ed è una figura simbolica e rappresentativa della religiosità piacentina e siciliana.

Passeggiando per il centro è doveroso entrare nella basilica dei Santi XII Apostoli dove riposa il castellano mons. Agostino Casaroli. Il cardinale Casaroli è stato un diplomatico e segretario di Stato, tanto temuto quanto discusso, lo ricordiamo, tra l’altro, per aver sottoscritto con Bettino Craxi nel 1984 la revisione dei Patti Lateranensi che ha modificato il Concordato del 1929.
Proseguiamo la nostra cronaca romana partendo da un evento storico quale il Giubileo. Quest’anno ricorre il ventisettesimo Anno Santo, un Giubileo ordinario, perché di straordinari ce ne sono stati diversi, l’ultimo è stato voluto da papa Francesco il 2015. Non potevo esimermi da questo mio terzo Giubileo: il 1975 (Paolo VI), il 2000 (Giovanni Paolo II), il 2025 (Leone XIV).

A Roma in contemporanea una grande mostra (Musei Civici, fino all’8 giugno) ricordava i fasti dei Farnese: l’origine e la fortuna delle loro collezioni. La mostra sottolinea l’incidenza di papa Paolo III avuta sulla capitale alla vigilia del Giubileo del 1550. A proposito basti ricordare l’intervento nella piazza del Campidoglio dell’architetto Michelangelo e la collocazione centrale della statua di Marco Aurelio. Non parliamo poi dei ritratti presenti nella mostra, da Paolo III (Raffaello-Tiziano) ai ritratti dei suoi nipoti: dal gran Cardinale Alessandro fino ad Odoardo. Presente anche un ritratto di Margherita d’Austria, moglie di Ottavio Farnese. Paolo III è il Papa che convocherà il Concilio di Trento nel 1545 e che aveva creato nel 1537 il Ducato di Castro e Ronciglione con capitale Castro per assegnarlo al figlio Pier Luigi.
Il Ducato di Castro rappresenta la progenie del Ducato di Piacenza-Parma. Quindi fa obbligo visitarlo. Si giunge dove sorgeva l’antica Castro attraverso una strada sterrata a segnare la violenza della storia. Fu su ordine di Papa Innocenzo X che una florida e fortificata città come Castro veniva distrutta e rasa al suolo.
Come il Palazzo di Caprarola rimane a sottolineare la fulgida presenza dei Farnese nel territorio della Tuscia così Castro ne testimonia la decadenza. E dire che ambedue le costruzioni furono iniziate dallo stesso architetto: Antonio da Sangallo il Giovane. Castro avrebbe dovuto seguire le orme di Pienza, città che era stata voluta e ricreata da un altro papa Pio II, meno di un secolo prima. Oggi Pienza, rimasta inalterata, si fregia dal 1996 del riconoscimento UNESCO per il suo centro storico rinascimentale.
Oggi a Castro solo rare rovine. Dopo la distruzione del 1649, ad opera dell’esercito pontificio, troviamo soltanto l’immagine del Crocifisso custodito nella chiesa del SS Crocifisso, santuario edificato nel 1871. La devastazione di Castro venne descritta dal notaio castrense Domenico Angeli nel 1575: “Situata su un’altura a forma di lira, circondata da rupi scoscese, da una valle profonda e da vigneti dove gli abitanti si recano per procurare canne. Tutto intorno pascolano le greggi… il centro di Castro è rappresentato da Piazza Maggiore. Castro prima del saccheggio era una città ricca, munita di più di sette centurie di soldati ed era la più forte tra le città del Patrimonio di San Pietro”. Un nome accomuna indissolubilmente Castro e Piacenza Pier Luigi Farnese, perché fu prima duca di Castro ed in seguito anche di Piacenza e Parma.

Che Castro fosse stata una città vivace ce lo testimonia anche un fatto di cronaca dell’epoca, che Stendhal descrive molto bene nel suo romanzo La badessa di Castro. La storica Lisa Roscioni, che ha esaminato tutta la documentazione dell’epoca, ha scritto un’opera completa e dettagliata intorno a questa storia: La badessa di Castro. Storia di uno scandalo. La vicenda riguarda Elena Campireali (al secolo Porzia Orsini di Pitigliano) badessa del Convento della Visitazione, che entrata in confidenziale rapporto amoroso con monsignor Francesco Cittadini (Castro era anche sede vescovile), partorirà un bambino. La notizia giungerà alle orecchie del Cardinale Alessandro ed alla corte di Ottavio Farnese. Seguirà un processo dove la sentenza veniva scritta prima del suo inizio: per la badessa detenzione a vita nel convento di Santa Maria, per il vescovo ergastolo nel carcere di Castel Sant’Angelo. In realtà la badessa morirà nella sua celletta in breve tempo, il vescovo tornerà in Lombardia, sua terra d’origine e manterrà il suo titolo episcopale. Anche questa è una storia emblematica dove le donne sono state vittime sacrificali e le sentenze sono state scritte prima di qualsiasi dibattimento processuale!
Quindi, riepilogando, della famiglia Farnese il primo Duca di Castro (ed anche di Piacenza-Parma) fu Pier Luigi l’ultimo Ranuccio II. il Ducato creato da un Papa (Paolo III-1537) venne distrutto da un altro Papa (Innocenzo X-1649).
Ed il volo pindarico con la Sicilia cui avevo accennato? Ebbene, nel piazzale accanto al santuario del SS Crocifisso, ci si aspetta di vedere la colonna con scritto “Hic Castrum fuit” così come ordinato da Innocenzo X, invece troviamo un altro monumento evocativo. Una stele in pietra con due lastre marmoree, la prima ci ricorda che siamo nel Piazzale Duchi di Castro, la sottostante reca l’intestazione del Comune di Ischia di Castro e specifica come “Questo piazzale è stato dedicato ai Duchi di Castro il 25 ottobre 2011 a 362 anni dalla distruzione della magnifica capitale del Ducato alla presenza di S.A.R. il principe Carlo di Borbone delle due Sicilie Duca di Castro e della consorte S.A.R. la principessa Camilla di Borbone delle due Sicilie Duchessa di Castro. essendo sindaco Salvatore Serra”.
L’oblio sembra il destino che inesorabilmente debba colpire alcune località. Così come creato quasi dal nulla un potente Ducato, nello stesso modo, cioè dallo stesso potere clericale, è stato distrutto e fatto completamente scomparire (ricordate? Hic Castro fuit). In tempi a noi più prossimi la Regione Lazio si era premurata di ripristinare l’accessibilità al sito, creando una biglietteria, un cancelletto d’ingresso, una recinzione dell’area, ma nello stesso modo, cioè dallo stesso potere politico, è stato abbandonato. fu così che Castro è stata fatta scomparire per l’ennesima volta. Rimane oggi un’area agricola incolta dove incontrastata regna una invadente vegetazione.
