Fondato a Racalmuto nel 1980

Racalmuto tra storia e speranza: “Occorre volare alto”

Lo storico Calogero Taverna, 91 anni, riflette sul destino del paese che ha studiato attraverso le carte d’archivio. Le sue riflessioni su cultura, archeologia e agricoltura. Ispettore della Banca d’Italia in pensione, negli anni Settanta contribuì a decretare la fine del sistema bancario vicino a Sindona. Lo definirono “imprevedibile e irrefrenabile”. E sul caso del noto banchiere morto avvelenato in carcere ci dice che restano ancora misteri da svelare

Cultura, agricoltura e archeologia. Nel fior fiore dei suoi novant’anni e passa resta ottimista sul futuro del paese che ha studiato attraverso le vecchie carte impolverate di archivi secolari. È convinto, andando controcorrente rispetto a quello che ci dicono le statistiche, che questi piccoli centri come Racalmuto che continuano a spopolarsi, abbiano un grande avvenire. C’è un particolare però che mette un freno a mano a questa sua convinzione: sostiene che “occorre volare alto. E qui – dice – non si vola proprio, tutto è piatto. A Racalmuto e in tanti centri della Sicilia. Non ci sono idee, non si guarda all’occupazione. Continuiamo a parlare dell’acqua che ci rubano e nel frattempo ci tolgono anche gli anni e il tempo vola. Sì, forse l’unica cosa che in questo momento vola è il tempo che se ne va“.

Lui è Calogero Taverna. A Racalmuto, dove si gode la “beata giovinezza” dei suoi 91 anni, ha dedicato anni e anni di studi e ricerche. Molti dei suoi vecchi amici non ci sono più. Gli anni in cui passava a scrivere e studiare la storia con Giuseppe Nalbone e Padre Alfonso Puma sembrano lontani un miglio. Una vita fa. Gli amici del Circolo Unione se ne sono andati pure. E lui qui, dalla casina del Serrone, guarda il paese che cambia ancora una volta sotto i suoi occhi.

Il futuro? Non c’è scampo: se si sa volare e si crede davvero alla Cultura, all’archeologia e all’agricoltura ci può essere speranza – dice – Ma deve crederci la comunità, i giovani soprattutto. Ho visto cambiare tante volte Racalmuto. Prima del fascismo era in mano alla borghesia, ai galantuomini, poi nell’epoca fascista c’è stato un recupero delle forze popolari. Poi la seconda guerra. Con l’entrata degli americani nel ’43 il paese ha vissuto una sorta di risurrezione della mafia, con Calò Vizzini che a Racalmuto aveva interessi con lo zolfo. Perseguitato dal fascismo, ritorna a Racalmuto e si impossessa della miniera di Gibellini ed io non ho dubbi che sia stato proprio Vizzini a far ammazzare nel ’44 il sindaco Baldassare Tinebra, vicenda raccontata sapientemente dal nostro grande Tano Savatteri“.

E continua: “Dopo il 1945 abbiamo uno stravolgimento totale della realtà economica del paese. Dal ritorno dalla guerra i giovani non si dedicarono più alla terra, abbandonando i galantuomini al loro triste destino. Quei giovani emigrarono e così arrivarono i soldi dal Belgio, dalla Germania, dal Canadà. Il paese cambiò aspetto. Il crollo della borghesia e l’insorgenza del nuovo strato politico che veniva dal popolo. Posso affermare che s’introduce veramente la democrazia e tutto sommato anche ora i politici sono figli di quell’epoca, dove le famiglie che hanno i numeri riescono ad avere la meglio durante le elezioni. È sempre stato così. Contano le famiglie, i numeri, chi si lega ai potentati politici. E questo non sempre è positivo, certamente. La maggior parte sono solo numeri, le idee stanno altrove“.

Chi è Calogero Taverna? Non tutti La conoscono anche se le sue provocazioni, non sempre condivise, spesso ne fanno un ritratto di sé un po’ distorto…

Ma quale distorto, io sono così. Quando ero ispettore alla Banca d’Italia scrissero di me che ero imprevedibile e irrefrenabile. A volte esagero, lo capisco. Ma c’è di peggio in giro.

Racalmuto

Lei ha pubblicato tanto su Racalmuto. Eppure la Storia pochi la conoscono. E non parliamo di quella locale: quattro nozioni e via. Spesso vediamo in giro imposture, nomi storpiati e date sbagliate, leggende che diventano verità…

È importantissimo studiare la Storia per capire il presente e soprattutto per vedere quello che avverrà. E rispetto a come vanno le cose, la tendenza di Racalmuto è quella di diventare un paese dormitorio. Il paese dormitorio significa che molta gente lavora fuori e poi ritorna. Le strade sono piene di automobili, ma dov’è tutta questa gente? Questo perché, a mio avviso, c’è una tendenza a non programmare, a non avere grandi idee, a non avere una visione. Tanto tutto va apparentemente bene, però il paese tende ad essere sempre più un paese di vecchi. I giovani se ne vanno e con loro anche le famiglie. Un dramma. Per chi resta occorre una politica che tende a far star bene gli anziani: la sanità, prima di tutto, e il vivere in spazi di aggregazione che mancano e la sicurezza che non c’è. Gli anziani, se coinvolti, possono essere una ricchezza.

Eppure Racalmuto ha sempre avuto, dal punto di vista geografico, una buona posizione. Voglio dire che forse essere vicini al mare…

…certamente aiuta, dal punto di vista turistico. E soprattutto essere vicini alla Valle dei Templi. Non è il paese della ragione, ma è certo il paese della Cultura. La ragione in questo senso, che si sa fare bene la Cultura. La Cultura ha trasformato questo paese sin dagli anni Cinquanta. Ci sono oggi esempi di giovani legati al mondo della Cultura, ai miei tempi era inconcepibile. Quanti esempi potrei fare, per parlare delle cose più recenti: Casa Sciascia è quello più importante e poi ci sono questi gruppi di giovani che si organizzano in associazioni. E poi il prosperare di numerosi B&B significa tanto. Certo, occorrerebbe una politica che vola alto e miracoli, in questo senso, non ne vedo. Non si vola alto per niente e questo è un problema. Non si da il giusto peso alla Cultura. Occorre reinterpretare i luoghi, valorizzarli meglio. L’archeologia, per esempio? Il silenzio totale.

Forse a forza di parlare di Cultura tutto si è inflazionato e la gente si è stancata. Non si distingue più un’opera d’arte di valore da una copia, un libro vero da una fotocopia…

Giuste osservazioni! Ma cultura sono i valori dello spirito che hanno il sopravvento sui valori triviali.

In questi giorni sto rileggendo Soldi truccati, un libro pubblicato l’anno in cui sono nato. Quarantacinque anni dopo Lei può ancora dirci qualche segreto sul sistema Sindona di cui è stato uno dei protagonisti? Voglio ricordare che Lei ha messo in crisi mezzo sistema bancario italiano ed europeo.

Sono un figlio del popolo, mio padre era un modesto mercante. Dotato di un’intelligenza non normale, ho potuto accedere nei luoghi del potere bancario e lì ho potuto essere un dipendente particolare. Ho potuto in un certo qual senso determinare persino la storia del mondo bancario e finanziario. Poi, naturalmente, non essendo uomo acquietabile, essendo, come hanno scritto, imprevedibile e irrefrenabile, sono andato via. Ho lavorato dal 1960 al 1980. Non ho continuato perché in una realtà come la Banca d’Italia devi essere un conservatore, devi difendere le ricchezze di chi ha e fregarsene delle povertà degli altri. Ovviamente non era la mia filosofia, non era la mia cultura. Proprio a Racalmuto ho potuto fare un salto di qualità. Grazie a Totò Marchese, tra i fondatori del Circolo di Cultura, ho potuto leggere tanti libri che c’erano in quella biblioteca. I libri, la lettura mi hanno reso uomo libero. Cari giovani, leggete, approfondite, abbiate sempre dubbi. Così io sono diventato un uomo non funzionale al sistema. Fino al 1968 ero stato negli uffici amministrativi della Banca d’Italia. Ero un normale funzionario. Promosso nei gradi alti mi trasferiscono a Roma e mi portano nell’Ispettorato di vigilanza. Un organo che controllava il sistema bancario. Lì esco dall’anonimato e, non avevo nemmeno quarant’anni, ho avuto l’incarico di ispezionare la Banca del cosiddetto gruppo Sindona. Sì, lui. Sindona finanziere della Dc, Sindona rampollo delle banche vaticane utili a combattere il comunismo, Sindona grande elettore di Nixon, Sindona amico della mafia siciliana. Svolgo quella ispezione in modo atipico. Fatto sta che il giornalista Enzo Biagi ebbe a dire: “Noi qui ci stiamo accapigliando per capire il caso Sindona, il Dottor Taverna in cinque giorni aveva capito tutto”. Naturalmente poi non fui funzionale a quelle che erano le esigenze del potere, ho cominciato a dire la mia e mi hanno fatto fuori.

Come iniziò tutto?

C’era stato un problema monetario, il cosiddetto “serpente monetario”. Andate a vedere che significa su Wikipedia: un accordo stipulato nei primi anni Settanta dagli Stati dell’allora Comunità economica europea per mantenere un margine di fluttuazione predeterminato e ridotto tra le valute comunitarie, e tra queste il dollaro. Un gioco che si ruppe nel giugno del 1974. Una mattina Biagi aveva scritto un articolo sostenendo che Sindona era il più grande banchiere del mondo, nel pomeriggio tre giovani ispettori, il sottoscritto, Piero Izzo e Enzo De Sario dichiarano queste banche inaffidabili. Il capo espiatorio l’hanno trovato in Michele Sindona, perché era siciliano e mafioso. E così è diventato noto bancarottiere e criminale. Ma dietro di lui…

Proprio l’anno scorso, se ricordo bene, è stato tolto il vincolo della segretezza di documenti della Commissione d’inchiesta sul Caso Sindona.

Già. Per esempio vengo a sapere che nel 1981 Guido Carli, governatore della Banca d’Italia dal 1960 al 1975, è stato anche ministro del Tesoro dall’89 al ’92, venne chiamato in Commissione a difendersi dall’accusa di come mai, nel 1974, non aveva preso provvedimenti di rigore contro le cosiddette banche sindoniane. Carli rispose che non prese provvedimenti d’accordo con gli ispettori De Savio e Taverna. Interviene l’On. Giuseppe D’Alema, padre di Massimo, che era presidente della commissione Finanze e Tesoro, e sottolinea, come risulta dai verbali, che Taverna non era tipo da bloccare dei provvedimenti di rigore. Carli parla di una riunione e di un verbale. Eccolo qui, lo conservo anch’io. In effetti c’ero a quella riunione del 29 luglio 1974. Sfido chiunque a vedere questo documento. Io non presi nessuna decisione. Dopo si, ma non in quella circostanza, andai contro a tutte le volontà politiche ed economiche che volevano salvare le banche ma io dissi no, sostenni fino all’ultimo che andavano messe in liquidazione. E mi ha meravigliato, leggendo dopo tanti anni questi documenti, che Carli abbia detto questa mezza verità per difendersi.

La solita Italia dei misteri…

Sul caso Sindona non è stata detta ancora tutta la verità. Spuntano pian piano vecchi fascicoli, dopo tutti questi anni. Sindona sarà stato quello che vuoi, ma per quanto riguarda le responsabilità della liquidazione della Banca non aveva nessuna colpa. Questa tesi l’ho sostenuta recentemente nel libro “La donna del Mossad”. Una vittima del sistema anche lui. Quelli che avevano responsabilità erano più furbi di lui. Gente che aveva letto, aveva studiato. Per questo insisto: cari giovani, cari miei giovani paesani, studiate, leggete, informatevi, abbiate sempre dubbi perché i furbi non ci fanno volare alto.

…e contribuiscono a lasciare i rubinetti a secco!

Proprio così.

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