Fondato a Racalmuto nel 1980

Una rosa per Giuseppe Nalbone, cento anni dopo

Un secolo fa nasceva lo storico e benefattore che ha dedicato a Racalmuto tante ricerche negli archivi della Sicilia. È stato, tra gli anni Settanta e Ottanta, un grande medico siciliano e componente della Commissione regionale di programmazione per il Piano sanitario di Radiologia. Ai giovani del suo paese ha dedicato il libro su chiese e conventi e le ricerche sui Del Carretto

Il Prof. Giuseppe Nalbone

Era nato a Palermo il 20 ottobre del 1924 anche se allo Stato civile lo registrarono l’indomani. E sottolineava e lo rimarcava sempre che più si sentiva racalmutese che palermitano. E fu felice, infatti, quando nel 1995 divenne “cittadino onorario” di Racalmuto, il paese di suo padre, di suo nonno, degli zii gesuiti, delle sue radici. Cent’anni fa, dunque, nasceva colui il quale molto si è prodigato per lasciare alle nuove generazioni tante ricerche sulla Storia del paese che tanto ha amato e di cui tanto ha scritto.

Per molti, soprattutto tra i più giovani del paese, il nome di Giuseppe Nalbone è legato al libro Delle Chiese di Racalmuto pubblicato vent’anni fa, nel 2004. E glielo dicevamo, in effetti: – Lei, caro professore, sarò ricordato per questo libro che raccoglie documenti sulla storia dei luoghi sacri di Racalmuto.

Ma Nalbone è stato tant’altro: un grande medico, prima di tutto, un radiologo che lasciò alla scienza e alla medicina numerosi studi e ricerche, molte delle quali pubblicate tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. È stato primario, dal 1967, di Radioterapia all’ospedale oncologico “Ascoli” di Palermo, fino al 1989, quando è andato in pensione. Chi ancora ricorda il dottor Nalbone sa la vicinanza e l’affetto che aveva nei confronti degli ammalati: “Nei miei quarant’anni di carriera ospedaliera – raccontava – ho cercato sempre di venire incontro ai bisogni di tutti e soprattutto dei miei compaesani“. Un galantuomo d’altri tempi, come tanti di quella generazione che ricordiamo sempre con affetto.

È stato un grande medico siciliano, componente della Commissione regionale di programmazione per il Piano sanitario di Radiologia.

Giuseppe Nalbone, dicevamo, amava molto Racalmuto. Quando poteva, e soprattutto d’estate, si rifugiava lassù, nella villa belvedere del Serrone. E da lì guardava il paese che ha studiato attraverso carte e documenti d’archivio. Se oggi conosciamo bene la storia dei Del Carretto, per esempio, lo dobbiamo a lui e alle lunghe ricerche effettuate negli archivi di mezza Sicilia.

Perché dopo la pensione, il dottor Nalbone si è dedicato molto alla letteratura dei luoghi sacri raccogliendo tanta documentazione. Oltre dieci anni di approfondimenti su quel che le antiche carte ci dicono su Racalmuto.

Il mio interesse – diceva – è portare a conoscenza dei racalmutesi di quanto si può disporre per ricostruire la microstoria del paese“. E avrebbe voluto realizzare un vero e proprio Centro studi, integrando le sue ricerche con carte, registri e documenti dell’archivio storico comunale di cui si occupò, dopo il lavoro che aveva svolto il maestro Nicolò Macaluso.

Quell’archivio storico del Comune che andrebbe una volta per tutte recuperato (recuperare il recuperabile, s’intende, dopo decenni di abbandono alla mercè di polvere, topi e incuria di tutti) e dedicarlo proprio a Macaluso e Nalbone che fecero tanto per mantenere viva e conservare la memoria della comunità.

Racalmuto deve molto a Giuseppe Nalbone e non solo per lo studio che ci ha consegnato attraverso le sue pubblicazioni. Se esiste quel nuovo complesso parrocchiale oggi molto frequentato da giovani e famiglie lo dobbiamo soprattutto alla sua generosità. Donò, infatti, quel fazzoletto di terra dove è stata costruita la chiesa Gesù Maestro. E grazie alla sua scelta anche altri contribuirono affinché lì potesse nascere un luogo di aggregazione moderno.

Un benefattore. Un medico preciso e meticoloso. Come lo è stato quando esaminò decine, centinaia, anzi no, migliaia di pagine che solo un radiologo attento e paziente come lui poteva tradurre. Come fece sfogliando i registri dell’archivio della Matrice assieme al Dottor Calogero Taverna e all’arciprete Alfonso Puma e consegnando alle biblioteche cittadine la numerazione delle anime sin dal Cinquecento. Perciò questo suo modo di fare ha lasciato, a chi ha avuto il piacere di conoscerlo e frequentarlo, la passione per la Storia e ad essere precisi e onesti quando si raccontano le vicende del passato di una comunità, fosse anche di una piccola e sperduta chiesa di campagna.

Come nei Promessi sposi, il suo animo tornava sempre sereno al Serrone dove riunì e studiò faldoni e carte d’archivio: “Spero di stimolare la curiosità dei giovani e il loro interesse su questi argomenti“, ripeteva sempre.

Nella foto, da sinistra: Salvatore Picone, Giuseppe Nalbone e l’Arc. Alfonso Puma nel 2003 a Racalmuto (foto P. Tulumello)

Poco prima della pubblicazione del libro sulle Chiese di Racalmuto, lo intervistai per Malgrado tutto. Ci parlò del suo rapporto con Racalmuto: “Sin dalla mia infanzia – disse – mio padre mi ha trasmesso sentimenti di affetto verso i miei parenti e mi ha inculcato stretti legami con le cose di Racalmuto e con i racalmutesi. Nella stagione invernale ero solito venire in paese per le ricorrenze festive natalizie e pasquali. Passavo quelle giornate in casa del nonno che amava avere attorno a lui tutti i componenti della famiglia… Nell’età scolare, con i miei genitori e mia sorella, ci recavamo d’estate nelle nostre proprietà di Villanova per tutta la durata della raccolta del grano. I miei amici erano i nostri dipendenti, i mezzadri, i pastori e i loro familiari che venivano anch’essi in campagna… di tutti loro ho apprezzato l’intelligenza, la sapienza e l’equilibrio. Altro ricordo, il periodo della raccolta delle mandorle in contrada Gargilata: durava circa un mese, tra agosto e settembre. Ricordo tante donne impegnate nella raccolta e poi i momenti di riposo, i giochi di compagnia, i cunti e i canti accompagnati dalla fisarmonica o dalla chitarra suonati da mio padre.

Un giovane Giuseppe Nalbone, al centro nella foto, con il nonno, i genitori e la sorella, zii e cugini riuniti al Serrone. Seduto, il gesuita Francesco Di Paola Nalbone. Dietro il gesuita, la signorina Marietta Nalbone, orsolina, grande animatrice della vita cristiana a Racalmuto

Ultima tappa della villeggiatura, il trasferimento al Serrone: lì ci riunivamo con il resto della famiglia: nonno, zii, cugini ed il fratello del nonno, il padre gesuita Francesco Di Paola Nalbone, da noi considerato un uomo superiore e dotato di particolare carisma. La nostra casa diveniva un centro di riunione di tutti i dimoranti della contrada; gruppi di giovani, guidati dal Rev. Padre Luigi Chiarelli, ci allietavano con un vasto repertorio di canzoni siciliane. La mia dimora in paese si è fatta più frequente tra il 1940 e il ’45, anni di guerra, poiché la mia famiglia si era trasferita qui da Palermo soggetta a frequenti e terribili bombardamenti. Ho stabilito quindi nuove conoscenze e amicizie, partecipando alla vita paesana di quel tempo: circolo Unione, cinema serale, interminabili passeggiate lungo il corso Garibaldi”.

E proprio in quegli anni Giuseppe Nalbone partecipa, assieme ad altri suoi coetanei, alla messa in scena de I nostri sogni di Ugo Betti al teatro Regina Margherita. La regia, come ormai risaputo, era di un giovanissimo Leonardo Sciascia, già allora di inesauribili letture, collaborato da Aldo Scimè che da lì a poco avrebbe fatto parte del primo nucleo della Radio siciliana del dopoguerra.

Ecco come il professor Nalbone mi raccontò quel 1943:È stato un periodo duro e doloroso. Moltissimi giovani chiamati alle armi abbandonavano famiglia e lavoro con le conseguenze negative sia affettive che economiche; molti furono i lutti. La povertà andava ad aggravarsi; gli anziani e le donne furono costretti a sopperire le mancanze dei giovani con grandi sacrifici per la sopravvivenza. Anche per gli universitari venne il momento dei richiami, alcuni furono inviati direttamente sul fronte Russo, privi di abbigliamenti adatti alle temperature polari. Da qui venne l’idea di fare qualcosa a vantaggio dei nostri amici al fronte. Si pensò di far arrivare loro indumenti di lana per proteggerli dai congelamenti cui andavano incontro. Per racimolare una cifra sufficiente si pensò di esibirci in teatro con la messa in scena della commedia di Betti. Il mio ruolo era del tutto secondario. Si fecero molte repliche con il pieno del teatro“.

Poi gli studi, la fine della guerra, la lunga e brillante carriera di medico. Restando sempre legato a Racalmuto, alla famiglia, agli amici vicini di campagna come gli Alessi o il collega Francesco Burruano.

Raccontava di una sorta di simposio di medici e radiologi che organizzò a Racalmuto per effettuare uno studio relativo alle malattie che colpivano i lavoratori nelle miniere di sale. E non fece mancare il suo supporto quando, nell’ottobre del 2000, organizzò alla Fondazione Sciascia un importante convegno sulla donazione di organi e sui trapianti invitando, tra gli altri luminari, il cardinale Salvatore Pappalardo e il celebre dottor Ignazio Marino che poco prima aveva fondato a Palermo l’ISMETT, poi divenuto sindaco di Roma e ora europarlamentare.

Sempre Racalmuto nel cuore. Grazie alle sue ricerche sappiamo tanto su chiese e conventi, figure di arcipreti e sacerdoti, feste religiose scomparse, processioni e riti annebbiati dal passare dei secoli. Come la processione nel Settecento della statua della Madonna conservata nella chiesa di Santa Maria di Gesù, al cimitero, o la cavalcata storica del 1625 che accompagnò le reliquie di santa Rosalia da Palermo a Racalmuto o ancora particolari di piccole e sentite festicciole di campagna. Così rinacquero la festa del Serrone, nel 1996, o la festa di Santa Rosalia nel 2005.

Nel 2007 mi consegnò un faldone di documenti, lettere e fotografie sui tanti gesuiti di Racalmuto. Un Giuseppe Nalbone, vissuto tra il 1818 e il 1893, fu un importante gesuita italiano, perseguitato da Garibaldi e fondatore in Sicilia di tanti istituti di gesuiti. Una figura poco conosciuta rispetto a quella del nipote, quel potente Francesco Di Paola Nalbone chiamato il papanero perché era stato per sedici anni, dal 1914 al 1930, assistente dei Padri Generali Wernz e Ledochowski e vicino ai papi Pio X e Benedetto XV.

Così pubblicammo a quattro mani il librettino I Gesuiti di Racalmuto che venne a presentare nella chiesa di San Francesco l’allora trentasettenne Don Baldo Reina, ora vicario generale per la Diocesi di Roma e a breve cardinale vicario voluto da papa Francesco.

Il professor Nalbone se ne è andato il 24 giugno del 2013. Riposa a Racalmuto accanto al nonno e al papà. Mite e discreto, elegante e signorile, affettuoso e generoso. E per questo va ricordata in questo centenario della nascita (e ci ripromettiamo, come già annunciato ai familiari, di organizzare prima della fine dell’anno una manifestazione pubblica) la sua figura di cittadino illustre, parlandone soprattutto agli studenti che hanno il dovere di ricordare coloro che hanno lasciato un’impronta in questo puntino del mappamondo a cui ancora restiamo aggrappati.

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