Fondato a Racalmuto nel 1980

Donna Rosalia Messana e quei ricordi della Belle Epoque di Racalmuto

Custodiva i ricordi di un secolo di vita. A lei dedichiamo oggi la nostra “memoria” riproponendo l’articolo di Salvatore Picone scritto in occasione del centesimo compleanno di Donna Rosalia

Donna Rosalia Messana. Foto di Salvatore Alfano

Quando è nata lei non c’era ancora Sanremo. Non c’era nemmeno la televisione. Ma del festival della canzone italiana ha visto quasi tutte le 64 edizioni. La prima, andata in onda in tv sessant’anni fa, la ricorda benissimo. Un gruppo di persone incollate davanti a quella scatola nuova che aveva portato il teatro e il cinema nel salotto di casa. Quando è nata lei, non c’era ancora Sanremo, eppure nel suo paese c’era un teatro che funzionava benissimo

Quando è nata lei, era il 1914, a Racalmuto furono uccisi due carabinieri da banditi a cavallo. E nel mese in cui lei è venuta al mondo – era il 21 febbraio di cent’anni fa – al palazzo municipale si discuteva se aderire o no al consorzio idrico del Voltano. Allora come oggi, a gestire le sorti del Comune c’era un commissario governativo. Cent’anni sono passati da allora, ma Rosalia Messana ricorda tutto con illuminata lucidità.

La sorella Laura e il fratello Eugenio Napoleone Messana non ci sono più, Donna Rosalia è rimasta l’ultima a custodire memorie e ricordi di un paese che resiste solo in vecchie fotografie ingiallite. Cent’anni sono passati da quel 1914, ma degli attimi della sua vita ricorda quasi tutto con estrema freschezza. E di una cosa è certa: l’idea della libertà che ha sempre contraddistinto le vicende che l’hanno accompagnata.

Sposata con Salvatore Martorana, Donna Rosalia da Racalmuto è la madre di Federico, Isabella, Angela e Pio. Ha sempre vissuto nella zona del teatro vecchio e in una casa di quel quartiere – nel cortile che il fratello Eugenio quando era sindaco ha voluto dedicare a lei, intestandola a Santa Rosalia, patrona di Racalmuto – è nata. In un anno particolarmente complicato per il paese che era senza un sindaco. E in un periodo ancor più complicato per il mondo intero, perché da lì a poco sarebbe scoppiata la Grande Guerra, il primo conflitto mondiale.

Eppure della sua infanzia e della sua giovinezza Donna Rosalia ricorda tutto con serena allegria. Ricorda che andava a scuola nel Palazzo del Governatore, dove ora c’è la villa comunale: “Un palazzo freddo e umido”, dice. E della sua adolescenza ricorda la Belle Epoque racalmutese: i vestiti, i cappelli, le amiche, il teatro, la festa della Madonna del Monte.

“Sono cresciuta a casa di mio nonno, Eugenio Napoleone Messana, lu Papà Gè, che ci raccontava le storie di un tempo, le vicende dei progressisti racalmutesi. Molti appartenevano alla mia famiglia, i Savatteri per esempio. Mio nonno era sposato con Rosalia Savatteri, sorella del famoso notaio Calogero. E con i Savatteri ho avuto grande amicizia, soprattutto con Clelia. Ci chiamavano gli ‘Stati Uniti’ perché eravamo sempre assieme, andavamo ovunque. Nel mese di maggio ogni giorno in chiesa. E come eravamo belle! Ci piaceva vestire bene e seguire la moda. Con Clelia Savatteri abitavamo a fianco e ci divertivamo moltissimo. Di mio nonno, lu Papà Gè, posso dire che è stato un grande maestro di vita, ero molto legata a lui. Una volta mi portò a Roma, mi fece vedere le cose nuove e non le antiche pietre. Era un uomo moderno per quei tempi”.

La signora Messana con i figli. Da sinistra: Angela, Pio, Federico e Isabella Martorana
La Belle Epoque paesana era fatta di feste e balli, musica e veglioni

I ricordi di Donna Rosalia Messana sono accompagnati dai racconti dei quattro figli che gli stanno accanto e dei nipoti. Ma c’è una cosa che non dimentica mai, forse insolita per una siciliana di cento anni fa. “Mi ha sempre accompagnato l’idea della libertà. L’idea di una donna libera e indipendente, anche nelle scelte. D’estate, per esempio, non amavo andare in campagna. E quando ci andavo, ogni pomeriggio mi cambiavo d’abito per le passeggiate. Ho sempre tenuto allo stile. I vestiti li compravamo dai cataloghi per corrispondenza e nei grandi negozi. C’erano anche a Racalmuto i bei negozi: una volta era un paese ricco”.

La Belle Epoque paesana era fatta di feste e balli, musica e veglioni: “Andavamo alla jiurera, alla Fioriera, dove ascoltavamo la musica. E al circolo, dove si ballava”.

L’immagine del paese che è negli occhi della nonnina di Racalmuto ci appare ora più nitida. Un paese con migliaia di abitanti in più rispetto ad oggi, molti negozi e una vita rigogliosa. Immagine di un paese che non per niente veniva definito dagli abitanti dei paesi limitrofi, “la Palermu picciula”.

“Quando andavo a scuola – racconta – mi preoccupavo se la maestra Macaluso chiedeva a noi alunne il mestiere dei nostri padri. Che mestiere faceva mio padre? Niente, era possidente. E io non capivo cosa significava quella parola. A casa ho imparato tante cose dai miei nonni, dalla zia Elvira, sposata Morgante e dalla zia Marietta, signorina, molto legata a me. Pensa che quando mi sono sposata, nel ’41, non è nemmeno venuta al mio matrimonio: era troppo dispiaciuta perché andavo a vivere con mio marito”.

Si diverte pensando alle vicende di mezzo secolo fa: “Quando dovevo sposarmi mio padre disse al mio futuro marito, Salvatore Martorana, che due cose non dovevo fare assolutamente: famiari, cioè cuocere il pane nel forno, e lavare. Avevo sempre fatto altro: da bambina, le suore del Collegio mi hanno insegnato a cucire. Da ragazza leggevo molti romanzi d’amore, ma mio padre non voleva che proseguissi gli studi. Era fatto così”.

La Belle Epoque paesana era fatta di feste e balli, musica e veglioni: “Andavamo alla jiurera, alla Fioriera, dove ascoltavamo la musica. E al circolo, dove si ballava”.

“Da sposata – continua a raccontare la signora – ho sempre abitato in questa casa di via Teatro vecchio, accanto al Regina Margherita. E ogni sera andavamo al cinematografo. Anche quando avevo i figli piccoli non volevo perdere una parte di cinema, un film insomma”.

Rosalia non ama tanto la politica. Non parla volentieri dell’esperienza del fratello sindaco di Racalmuto per molti anni. E non voleva che la stessa carriera politica venisse intrapresa dal figlio Federico, poi eletto deputato regionale con il Partito comunista.

“Mio fratello Geniu passava sempre da qui, era molto religioso. Tutti noi lo siamo, anche se quella questione con l’arciprete Casuccio non la dimentico. Per contrasti politici con mio fratello non ha voluto cresimare mio figlio Federico. ma gli dicevo: malu tiempu nun dura tuttu un tiempu“.

Luglio 1941. Nozze di Rosalia e Salvatore Martorana

Il tempo è passato, le cose sono cambiate. Oggi quelle aspre lotte ideologiche sembrano appartenere a un tempo remoto. E nello sguardo di Donna Rosalia c’è la serenità di chi ha visto passare tante cose davanti agli occhi: “Non bisogna meravigliarsi di nessuno. Pensa che da giovinetta, con mia cugina Clelia, commentavamo il comportamento di certi galantuomini che andavano da una prostituta qua vicino che a casa teneva bordello. E’ vero: non bisogna mai meravigliarsi di niente”.

Del suo vicinato e delle famiglie influenti dell’epoca – i Picone e i Nalbone, i Borsellini, i Savatteri – ricorda i volti, le storie. Come se fossero dipinti ad olio. Lei stessa si sente una reduce di un tempo che ormai è solo nelle pagine di storia: “Lu zì Mommu Borsellini ci raccontava le favole a noi ragazze e anche lo zio Benitino Messana. Ci divertivamo con poco, con le parole e i racconti. E sono stata  molto riservata nella vita e anche a tavola non sono mai stata particolarmente eccessiva. Altro che brioche di oggi. A colazione le nostre pietanze, e fortunate noi che l’avevamo, erano arance e pane o verdura”.

Donna Rosalia è una donna forte. Lo sguardo è sempre deciso e volitivo. I suoi occhi hanno visto cento albe e cento lune. La sua Sicilia non è più quella dell’aristocrazia, dei possidenti, dei gattopardi. Non è più la Sicilia del regime fascista o del dopoguerra. Oggi la sua terra è diversa, come i vestiti e i cappelli che comprava da ragazza e che ora nessuno indossa più.

Eppure una cosa non si perderà anche stasera, dopo aver spento cento candeline. Non perderà la puntata del festival di Sanremo. Le ha viste tutte, può perdere l’edizione del sessantesimo della storia della tv pubblica? Mamma Rai, del resto, in confronto a Donna Rosalia Messana da Racalmuto, è solo una ragazzina.

Da Malgradotuttoweb 21 febbraio 2014

 

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