Ester Rizzo racconta la traduttrice di guerra Angela Pica Alfieri
Durante la Seconda Guerra Mondiale in Sicilia, come del resto in tutta Italia, le donne costituirono la spina dorsale del sistema economico dell’Isola, sostituendo gli uomini chiamati al Fronte nelle attività lavorative. Al contempo gravò sulle loro spalle tutto il lavoro di cura richiesto dalla popolazione infantile, adolescente ed anziana. La narrazione storica di quell’evento quasi sempre ignora il valore e il contributo delle italiane in quel periodo.
Una storia “perduta” nella Storia che dimostra la forza e l’arguzia delle donne è quella della traduttrice di guerra Angela Pica Alfieri. Era la pronipote del più famoso Vittorio Alfieri ed era nata a Londra, il 24 Marzo del 1917 da genitori italiani, nobili e musicisti, che dalla Francia avevano deciso di trasferirsi a Londra per fondare una scuola per l’insegnamento delle lingue straniere. La madre era di origini emiliane e si chiamava Lia Petronici.
La nipote Eleonora Corradini ne ha tracciato il profilo nel libro “La Palermo delle donne” di Claudia Fucarino.
Angela a vent’anni era già una giovane donna colta e brillante e frequentava l’università di Venezia quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale. Suo padre, con spirito patriottico, decise di abbandonare Londra per rientrare in Italia ma era molto preoccupato per l’incolumità della figlia e così decise di farla trasferire a Casteldaccia, un paese alle porte di Palermo, dove risiedeva uno zio e dove lui la riteneva più al sicuro. In terra di Sicilia, Angela incontrò in seguito l’amore, sposandosi con Saverio Corradino.
Nel 1943, la Giunta comunale di Casteldaccia, ebbe l’incarico di individuare e nominare un interprete ufficiale che fosse d’ausilio alle truppe anglo-americane e che, soprattutto, costituisse un supporto per il Tenente inglese Marshall che in seguito ottenne la promozione a Capitano.
La scelta cadde su Angela Pica Alfieri che iniziò subito a svolgere, con estrema puntigliosità il compito assegnatole. La coppia ”interprete-tenente” era abbastanza singolare: tutt’e due avevano, per cultura ed origini, alcune difficoltà ad immedesimarsi nella realtà siciliana, lei però era più sensibile e restava turbata di fronte alla folla di gente affamata, misera, derelitta e disperata che sopravviveva tra gli stenti, che non aveva nulla da mangiare e che dormiva o dentro i ricoveri antiaerei o in fredde, umide e tenebrose catacombe. Il tenente Marshall invece, probabilmente anche a causa del suo ruolo militare, era molto burbero e severo.
Quando scoppiò la cosiddetta “Rivolta del grano” e la povera gente si armò con pale e forconi, Angela Pica Alfieri fu subito chiamata a fare da interprete tra le istanze dei rivoltosi e i soldati che volevano reprimere i subbugli. La traduttrice si attivò subito per dirimere la grave questione, “ammorbidendo” le autorità con le sue poco fedeli traduzioni ed evitando così che si esacerbassero gli animi di entrambe le parti.
In un’altra occasione, era stato emesso un ordine di carcerazione per un autista che non si era presentato per condurre il capitano Marshall a Palermo. Angela Pica Alfieri, con determinazione, si rifiutò di tradurre, perché, a suo parere, la pena era eccessiva. A quel punto, il Capitano, esasperato ed indispettito dall’atteggiamento ostile, dispose la carcerazione anche per lei.
Angela Pica Alfieri non si lasciò intimidire e restò ferma nel suo rifiuto. Fortunatamente l’epilogo della vicenda fu favorevole perché Marshall ritirò l’ordine di carcerazione per entrambi, sopraffatto dal senso di ammirazione per quella giovane e caparbia donna.
Alla fine del suo mandato in Sicilia, il Capitano dichiarò il sentimento che provava per lei, dicendole:” Eppure, se non fossi stato già sposato, avrei sposato voi”.
Angela con molta flemma ma con voce stizzita, rispose: “ E chi le fa pensare che io avrei sposato Voi?”.