Ester Rizzo racconta la scrittrice Hester Linch Piozzi
Il 4 Settembre del 1874, quasi 150 anni fa, Hester Linch partì con il nuovo marito, Gabriele Maria Piozzi per il Grand Tour d’Italia. Aveva 43 anni ed era rimasta vedova da poco di Henry Thrale, ricco industriale con cui aveva generato ben dodici figli.
Così scrisse : “….Parto per il più bel paese del mondo in compagnia del miglior uomo che vi sia nato…”. Quella di Hester Linch è stata una vita molto “movimentata”, come si evince dalla sua biografia.
Era nata il 27 gennaio del 1741 a Bodven Hall, in seno ad una tra le più importanti famiglie di proprietari terrieri del Galles che le permisero di ottenere un’istruzione umanistica di alto livello. La fortuna economica familiare però si dissolse rapidamente in seguito a degli errati investimenti effettuati dal padre. A quel punto i genitori decisero di darla in moglie, contro la sua volontà, al ricco industriale della birra Henry Thrale. Nonostante questo matrimonio di convenienza “senza la minima parvenza di passione, né dall’una né dall’altra parte” Hester riuscì a non deprimersi e impiegò il proprio tempo, oltre che a procreare, a costituire nella propria residenza, alla periferia di Londra, un circolo di letterati ed intellettuali. Le arti e la cultura le resero più leggero sopportare quell’unione imposta e le vicende dolorose legate alla sua prolifica maternità.
Quando Henry Thrale morì, s’ innamorò, ricambiata, del cantante e compositore italiano Gabriele Piozzi e i due convolarono a nozze. Da quel momento Hester iniziò a scrivere, lasciandoci una produzione letteraria composta da lettere, diari, appunti di viaggio e un’autobiografia.
Intraprendere il Grand Tour non fu facile: dovette vincere le resistenze e la disapprovazione delle quattro figlie (le uniche sopravvissute dopo i dodici parti) e l’ostilità della colta società londinese.
Si lasciò tutto alle spalle, salì su una carrozza insieme al nuovo marito ed alla fidata cameriera e si imbarcò sul traghetto per Calais. In quel tratto di mare abbandonò l’eco dello scandalo e le maldicenze che mormoravano che solo la pazzia improvvisa poteva giustificare che una vedova ricca e altolocata, avanti negli anni, poteva sposare un cattolico italiano che si guadagnava da vivere impartendo lezioni di canto.
Attilio Brilli, uno fra i più noti esperti di letteratura da viaggio, nel suo libro “Le viaggiatrici del Grand Tour,” ci descrive minuziosamente la vettura da viaggio utilizzata dai novelli sposi ”…dotata di lucide lanterne d’ottone, doppie molle, luminose e stemmate portiere…ripostigli segreti e soffici sedili studiati per contenere al di sotto un clavicembalo…” Da questa descrizione possiamo immaginare che il faticoso viaggio fosse allietato dalla musica.
Mentre Gabriele cantava, Hester scriveva, o meglio descriveva minuziosamente le tappe del tour, sin da subito convinta di darlo alle stampe alla fine del viaggio.
La prima tappa fu Parigi, dove però si fermò ben poco e poi finalmente il superamento delle Alpi e il raggiungimento di Milano dove si fermerà per ben sei mesi. Proseguì poi per Venezia, Torino, Bologna, Firenze, Roma e Napoli. Visiterà altre città italiane come ad esempio Modena e Livorno.
In ogni luogo cercava di immergersi nella quotidianità degli abitanti, ne osservava argutamente il comportamento tratteggiando dei ritratti che costituiscono preziose testimonianze documentate di usi e costumi dei tempi. Hester non si limitava a descrivere i monumenti e le opere d’arte delle nostre città come la maggior parte dei viaggiatori ma esaltava i dettagli che spesso sfuggivano ai viaggiatori frettolosi. Mise a confronto non solo il patrimonio artistico britannico e quello italiano ma anche il cibo, giungendo alla conclusione che le zuppe italiane servite anche in modeste locande di posta erano sicuramente migliori di quelle “scodellate” nelle tavole inglesi più lussuose.
Ogni tanto ammetteva di avere un po’ di nostalgia delle lunghe serate di luce dell’estate inglese ma per il resto annotava che era felice di poter conoscere la grande bellezza dell’Italia. Oltre alla maestosità dei luoghi rilevò come nel nostro Paese i ricchi vivevano nel lusso più sfrenato mentre i poveri nella miseria più nera. Questi contrasti così netti la rammaricavano, così come la preponderante corruzione morale ed il lassismo della Chiesa.
Il suo viaggio durò tre anni, un tempo sufficiente per annotare e descrivere con dovizia di particolari le meraviglie artistiche e monumentali italiane ma anche vizi e curiosità dei suoi abitanti.
Del suo ritorno in Inghilterra non scrisse nulla. Continuò a condurre la sua vita sicuramente con un bagaglio d’esperienza che le permise di non essere ferita da critiche e maldicenze. Il suo matrimonio durò fino alla morte di Gabriele Piozzi che ella accudì amorevolmente durante la malattia che lo aveva colpito. Hester si spense il 2 Maggio 1821 a Bristol. I suoi scritti sono l’eredità di una donna cosmopolita, intelligente, curiosa, tollerante: una vera “cittadina del mondo”.