Fondato a Racalmuto nel 1980

Quando la piazza del paese era il luogo della massima socialità

Il cammino del nuovo anno tra ricordi e riflessioni

Salvatore Filippo Vitello

In un gruppo di persone che compongono piccole comunità come le realtà dei nostri paesi, si manifestano relazioni di “mondo vitale”, quelle che danno senso alla vita, di qualità e forza molto alte. È la dinamica dei “piccoli gruppi”, che si crea per come funziona la nostra mente, con processi in gran parte inconsci. Le altre persone del gruppo addirittura ci compaiono in sogno anche a distanza di molti anni.

L’ allontanamento dal gruppo e quindi dalla comunità suscita sentimenti di perdita, ma in realtà rimangono sempre in noi perché lasciano una traccia molto resistente nella psicologia profonda. Di questo tema se ne sono occupati sociologi come Alberoni che  nel ’79 ci ha scritto un libro.

Posso dire che questa descrizione sociologica è perfettamente aderente all’esperienza di chi dopo avere concluso il proprio percorso di crescita nel paese se ne allontana per seguire le proprie aspirazioni.

È una riflessione che ho rivissuto in questo Natale a Grotte dopo tantissimi anni passati a celebrare a Roma la festa della natività. Ho sentito forte l’appartenenza alla mia piccola comunità, alle persone con le quali sono cresciuto ed al contesto locale. Ho ritrovato poi quel comune sentire alimentato dai dialoghi della piazza, quale centro del confronto cittadino.

È lecito domandarsi perché è utile parlare di queste sensazioni, caratterizzate da una buona dose di componente soggettiva. Per prima cosa credo sia utile perché penso di trovarmi di fronte a sensazioni che sono comuni ai molti che hanno percorso le stesse esperienze e che vivono la loro lontananza dal paese di origine. Socializzare lo stesso sentire credo sia utile per riflettere sul tempo che passa ed a rendere migliore il cammino del nuovo anno, indissolubilmente legato a quelli già trascorsi.

Anche Leopardi, nel suo pessimismo cosmico, viveva l’attesa del nuovo anno in termini positivi. “Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero? Giacomo Leopardi, Dialogo di un Venditore d’almanacchi e di un Passeggere, in Operette morali, 1827/34”.

Il secondo motivo è collegato al posto da cui di proviene ed alle radici legate alle persone, il cui contributo allo sviluppo della nostra personalità è stato importante. Una di queste persone è il professore Pietro Agnello. Sono legato a Pietro da una strettissima parentela che ci ha portato a vivere insieme momenti di festa ed anche di dolore.

Ma non è questo il tema, pur ricordando una persona ad entrambi cara, Lilla Agnello, sua sorella e mia zia, la cui mancanza è tuttora attuale perché non ci è più dato ricorrere al suo gesto affettuoso, alle sue parole di incoraggiamento ed alla sua dolce disponibilità.
Pietro sin da giovanissimo ha animato il dibattito collettivo di Grotte. Lo ha fatto con un costante impegno nel sociale e nella politica. Pietro è sempre stato animato da una fede politica salda e forte, credeva (e continua a credere) nei valori ideali della straordinaria sinistra dei Berlinguer dei Natta dei Paietta, sorretto da una naturale empatia verso il prossimo e da una spontanea vicinanza alle persone più umili e da una vasta apertura di pensiero.

Nei primi anni 70 ci ritroviamo a dibattere da fronti contrapposti. Il gruppo cui io appartenevo, formato negli ambienti dell’azione cattolica, aveva preso posizione contro la legge sul divorzio nel referendum del 1974.

Il nostro leader era il prof. Antonio Lauricella, persona colta ed abile, capace di grandi mediazioni e forte trascinatore, che ci raccolse intorno a questa battaglia. Il nostro era un gruppetto di ragazzi di chiesa: Antonio Carlisi, Lillo Patanella, Antonio Salvaggio, Franco Tirone, Pino Maggio e qualcun altro che ora non ricordo.

Si erano formati a Grotte due frontali schieramenti,  uno a favore  ed uno contro il divorzio, con due leaders eccellenti,  il prof. Agnello alla testa del primo ed il prof. Lauricella del secondo.

Sia noi che loro (con Pietro c’erano Salvatore Bellavia, Egidio Terrana e tanti altri) abbiamo percorso il paese da San Rocco a San Francesco, con incontri di quartiere. Ciascuno sosteneva le proprie tesi secondo le convinzioni maturate all’epoca. Il gruppo sostenuto da Pietro era più variegato, a farne parte era non  solo il popolo della sinistra,  ma anche amici di provenienza cattolica.

Questo era un particolare importante perché indicava la contrapposizione tra formazioni che andavano oltre le divisioni partitiche allora dominanti (comunisti e democristiani). Ho raccontato questo episodio per dire che l’impegno di Pietro Agnello è stato sempre sostenuto da una coerenza ideale inattaccabile. Noi, di area cattolica,  provenendo da formazioni diverse,  lo abbiamo sempre considerato un riferimento costante, per la coerenza ai valori di lealtà, correttezza, semplicità e serietà che ha dimostrato nell’agire collettivo e soprattutto in quello politico. Questo non è solo il mio pensiero ma è anche quello dell’amico comune Totò Carlisi, con il quale ho condiviso la comune appartenenza cattolica.

Pietro Agnello sin da giovanissimo, appena laureato è entrato nel consiglio comunale ed è stato poi sindaco di Grotte. Pietro ha sempre avuto ed ha tuttora, per il suo naturale carisma che lo proietta verso una socialità libera da condizionamenti, un ruolo strategico nello sviluppo culturale del paese. Non c’è manifestazione alla quale non sia presente senza mai mettersi in mostra. Ama gli ultimi posti e gli piace discutere di cultura da quell’eccezionale caleidoscopio che è la piazza.

La piazza del paese era e credo sia ancora il luogo della massima socialità. Una volta era anche il centro degli affari dove sostavano i mediatori in attesa dei contraenti. La piazza era anche il centro di collocamento, dove la forza lavoro incontrava la domanda soprattutto nel settore dell’edilizia.

In piazza ci si incontrava e ci si scambiava gli auguri. Oggi la piazza fisica tende a scomparire a vantaggio di quella virtuale, che però non potrà mai trasmettere quella carica di sentimenti che oggi ho voluto esprimere con queste brevi riflessioni.

Buon anno a tutti.

 

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