Fondato a Racalmuto nel 1980

I tre fratelli di Toledo

Leggende. Si chiamavano Osso, Mastrosso e Carcagnosso e sono i protagonisti della curiosa leggenda che oggi vi raccontiamo. L’occasione nasce dalla consultazione di un volume, edito da Rubettino, il cui testo, con prefazione di Nino Buttitta, è opera di Enzo Ciconte, Vincenzo Macrì, Francesco Forgione e illustrato da Enzo Patti 

Antonio Fragapane

Toledo, regno di Spagna del XV secolo. Tre fratelli appartenevano a un’associazione cavalleresca, denominata la Garduna e fondata nella stessa Toledo nel 1412: i tre in essa operavano e per la stessa agivano secondo consuetudini e riti collaudati e da tutti accettati. Fino a quando decisero di vendicare con un atto di sangue l’onore violato della sorella, uccidendo colui che aveva arrecato un tale disonore alla loro famiglia.

Si chiamavano Osso, Mastrosso e Carcagnosso e a causa dell’azione di vendetta perpetrata, per pagare il loro debito con la giustizia, vennero condannati e incarcerati nella lontana isola di Favignana – all’epoca territorio spagnolo – all’interno di un carcere aragonese fortificato (di cui oggi sembra siano state ritrovate alcune celle adibite a luogo di tortura).

Nella piccola isola dell’arcipelago delle Egadi, i tre rimasero prigionieri per quasi trent’anni – esattamente per il singolare periodo di ventinove anni, undici mesi e ventinove giorni – per poi venir fuori dalle viscere penitenziarie spagnole agli albori del trentesimo anno. Ma durante questo lungo periodo di detenzione, nelle loro menti qualcosa era inesorabilmente cambiato. I tre cavalieri interpreti di questa vicenda uscirono dal carcere nelle vesti di uomini nuovi, depositari di saperi, riti, usanze e simboli tra loro diversi ma tutti legati da un unico filo conduttore: l’onore e l’omertà. La storia si conclude con la loro separazione, che vide Osso rimanere in Sicilia, e qui gettare le basi di Cosa Nostra, Mastrosso varcare lo stretto e fondare la ‘ndrangheta in Calabria e infine Carcagnosso spingersi fino alle terre dell’antica Campania felix, dove edifica l’impalcatura camorristica.

L’occasione per trattare di questa singolare leggenda – che nella sua accezione più popolare vorrebbe tentare d’illustrare la nascita delle tre organizzazioni criminali più pericolose presenti nel nostro paese – ci viene data dalla consultazione di un volume, intitolato Osso, Mastrosso e Carcagnosso ed edito dalla casa editrice Rubettino (con prefazione di Nino Buttitta), illustrato dalle tavole di Enzo Patti e il cui testo è opera di Enzo Ciconte, uno dei massimi esperti di mafie, di Vincenzo Macrì, ex viceprocuratore aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia e di Francesco Forgione, ex presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, ovvero tre delle personalità intellettuali che oggi meglio conoscono e comprendono la maggior parte dei particolari e oscuri meandri dell’infinita galassia criminale delle tre mafie italiane.

L’autore delle tavole – realizzate utilizzando una suggestiva tecnica chiaroscurale che conferisce alle immagini un opportuno pathos e sottolinea agli occhi del lettore la drammaticità delle atmosfere narrate – ha dichiarato d’essersi ispirato alle particolari figure contenute nelle carte siciliane e napoletane, cercando di cogliere il più possibile l’iconografia dei personaggi in esse presente.

Il volume ha il merito di raccontare la curiosa leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso con un tono asciutto – affrancato da quella rischiosa atmosfera di mito che potrebbe pericolosamente aleggiare sulla stessa – evitando in tal modo di renderla ingiustamente affascinante e di darle un significato che travalichi oltremisura la sua portata, frutto, del resto, d’immaginazione creativa. Tale narrazione, infatti, sarebbe servita a fondare il mito della genesi delle tre mafie, al fine di voler conferire loro dignità plurisecolare, tentando di crearne addirittura una vera e propria genealogia, che si perderebbe nelle fosche nebbie degli ultimi sei secoli della nostra storia.

La vicenda dei tre fratelli di Toledo è ulteriormente caratterizzata da un richiamo diretto all’epica cavalleresca e alle sue tradizioni religiose, spesso costellate da numerose superstizioni. Le stesse che tale racconto vorrebbe far coincidere con le “regole sociali” che in seguito avrebbero reso così temibili e pericolose cosa nostra, la camorra e la ‘ndrangheta, organizzazioni in possesso di veri e propri codici comportamentali scritti, la cui esistenza sarebbe stata addirittura confermata dal ritrovamento (avvenuto anni fa in Australia) di un vero e proprio libro-mastro contenente specifiche regole di condotta criminale.

In Osso, Mastrosso e Carcagnosso vi sono anche specifici richiami alle suggestioni massoniche che tanto mistero hanno contribuito a creare nei secoli con i loro segreti riti d’iniziazione e con le loro simbologie d’affiliazione. Il tutto condito con l’espediente grafico dell’uso delle immagini tipiche dei santini religiosi, a rimarcare un certo parallelismo tra i tre cavalieri spagnoli del ‘400 e gli odierni mafiosi, i quali, oggi come ieri, pretendono molto pericolosamente di rintracciare una qualche giustificazione sia alle loro regole – tramite le pagine delle Sacre Scritture – che alle loro azioni, interpretando in maniera del tutto fuorviante le condotte di alcuni santi e alterandone al contempo parole e frasi pensate, riferite e scritte in contesti del tutto diversi. La realtà mafiosa non deve infatti mai essere separata dalla sua più vera e autentica essenza, ovvero la violenza unita alle peggiori sopraffazioni.

 

 

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