Fondato a Racalmuto nel 1980

La cucina siciliana tra storia e curiosità

Street food palermitano. Stigghiole, quarume, frittola e altro. Dedicato agli stomaci forti 

Antonio Fragapane

Fondata dai Fenici più di duemilacinquecento anni fa. Città-giardino e sede imperiale, è stata la capitale di due diversi regni, in questo seconda solo alla città eterna. Prima cesellata col liberty e poi sfigurata col cemento. Palermo è tutto questo ma ovviamente anche molto, molto di più. Le tante dominazioni, succedutesi nel corso dei secoli, ne hanno stratificato l’essenza stessa, rendendola multicolore e talmente variegata da non poterne mai individuare una esatta e precisa. Ma forse esiste una sfaccettatura che potrebbe aiutarci in questo intricatissimo gioco. C’è un qualcosa, infatti, che – quasi fosse un invisibile fil rouge – lega chiunque si trovi a Palermo, residente o di passaggio che sia. E quel qualcosa è la strada, le sue strade. Tante, a volte belle a vedersi, altre buie e pericolose. Quasi sempre caotiche ma pulsanti di gioie e dolori. Luogo in cui, vuoi per l’eterno ritardo dei mezzi pubblici o per il piacere stesso di camminarci sopra, si vivono molti momenti delle nostre giornate e che rappresenta forse la più genuina, originale e a volte anche migliore “scuola” gastronomica del capoluogo. Proprio così, e non ce ne vogliano gli chef stellati. Quello che da sempre è il cibo di strada acquistabile praticamente da tutti in ogni angolo della città, ha permesso a Palermo da sempre, ahimè, abituata a grattare il fondo di ogni possibile classifica d’essere inserita nell’Olimpo mondiale per il suo street food, e tutto questo con buona pace di coloro che molto spesso etichettano le sue specialità da marciapiede come cibo di serie B.

A onor del vero, per questo primato bisognerebbe ringraziare le varie signorie straniere, cui si faceva cenno poco fa, che hanno permesso di combinare magnificamente ricette millenarie all’estro tutto siciliano di renderle sempre attuali e, soprattutto, squisite. Ma qui, essendocene già ampiamente occupati in precedenza, tralasciamo arancine, sfinciuni, panelle, cazzilli e pani ‘ca meusa, per immergerci nella varietà da record dello street food palermitano, che non poteva ovviamente limitarsi alle sole ricette di frittura, tutto sommato “semplici”.

E non si dimentichi che questi sono cibi che rispecchiano pure la natura dei tanti e antichi mercati di Palermo. Luoghi a volte duri e difficili ma dalle inaspettate qualità, in cui poter fruire del meglio che le nostre campagne possano quotidianamente offrirci ma dove gli umori e gli odori ci ricordano sempre la relatività del buono e del bello. Molta Storia e tante storie, da Ballarò (il più celebre mercato palermitano, di origine araba e risalente addirittura al X secolo) al Capo (altro mercato arabo), da Borgo Vecchio (oggi il più cool) alla Vuccirìa (resa celebre dalla magnifica tela di Guttuso). Ma è soprattutto tra queste antiche pietre – su cui ogni giorno vengono montati gli espositori per la merce praticamente a ridosso delle tante vie che, quasi fosse un sistema arterioso, rendono viva Palermo – che il cibo da strada si spinge però oltre, a un livello decisamente non per tutti, nato grazie all’utilizzo di ingredienti poveri o addirittura considerati da scartare.

Gli stomaci forti e sempre alla ricerca di sapori autentici potranno trovare più che soddisfazione nella “sfida” che potrebbe iniziare con le famose stigghiole, spiedini di budella di agnello ripieni di prezzemolo, cipolla e caciocavallo, cotti alla brace e da mangiare ancora caldi. Si potrebbe poi continuare col mussu, cartilagini varie di vitello (zampe e muso) bollite per ore e poi servite fredde con olio e limone, quindi col quarume, viscere bollite in acqua salata con verdure, da servire in brodo o, scolate, in mezzo a un panino e sempre con olio e limone. Ma la vittoria in questa goliardica gara di degustazione si può raggiungere solo dopo aver provato la frittola, ovvero l’assaggio al buio per eccellenza che il cibo di strada palermitano possa garantire. In un pentolone che rimane sempre coperto, vengono cucinate (in olio bollente) segrete “prelibatezze” che a richiesta sono servite solo con l’aggiunta di sale. E’ tra le specialità più consigliate, come a dire occhio non vede, stomaco non duole. Provare per credere, calorie permettendo.

 

 

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