Tra storia e leggenda, tutte le curiosità sul dolce per eccellenza legato in Sicilia alla tradizione della “Festa dei Morti”
La Storia ci informa che a Palermo nel 1193, in piena epoca normanna, la nobildonna Eloisia Martorana fece realizzare un monastero (legato alla regola benedettina dell’ora et labora) accanto alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, dal 2015 inserita nella “Palermo arabo-normanna” tutelata dall’Unesco. Ma la fondatrice non si limitò solo alla creazione del convento, fornendolo infatti anche di un giardino e di un orto che, in breve tempo, divennero tra i più belli e scenografici della città, tanto che l’intero complesso edilizio – costituito da chiesa e monastero – cominciò a essere conosciuto semplicemente come “La Martorana”, poiché ai palermitani non serviva aggiungere altro.
E questi sono gli eventi certi. Da qui in poi, la leggenda narra che la fama che si erano conquistati il giardino e l’orto voluti da Donna Eloisia, arrivò fino all’allora vescovo panormita, il quale, assai incuriosito e in forza del proprio status, volle assolutamente vederli. Era una Festa di Ognissanti dell’inizio del ‘200 e l’improvvisa visita della più alta carica religiosa della città mise in fortissima agitazione le monache benedettine, soprattutto per un motivo ben preciso: a novembre, sia il giardino che l’orto erano praticamente spogli, una situazione quindi non proprio all’altezza della loro notorietà. Fu così, allora, che le religiose ebbero la più ingegnosa delle idee, ovvero quella di ricreare tutti i frutti e gli ortaggi mancanti e, così, addobbare alberi e piante. E per tale operazione utilizzarono una particolare miscela dolciaria, composta da farina di mandorle, acqua e zucchero, modellarono la pasta così ottenuta e colorarono le loro creazioni con essenze di pistacchi e rose.
Fu un successo enorme, il vescovo non si accorse di nulla, anzi rimase strabiliato dalla perfezione di frutti e ortaggi, e quel giardino e quell’orto videro accrescere ancor di più la loro popolarità. Piccolo dettaglio, in tutto questo vortice di illusioni e scaltrezza: era appena stata inventata la “Pasta di mandorla” (chiamata anche “Pasta reale”, perché – seppur semplice – ha un gusto degno di un re), ingrediente – diverso dal Marzapane, la cui ricetta prevede invece l’uso di farina di mandole, zucchero e albume – che dà vita alla molto più conosciuta “Frutta di Martorana”, così chiamata per ormai evidenti ragioni.
In questa versione della sua genesi, per così dire “normanna”, la Frutta di Martorana iniziò quindi a essere venduta dalle suore benedettine alle ricche famiglie dell’aristocrazia palermitana, proprio in occasione della festività religiosa dell’1 novembre, dando così vita alla tradizione che vede questa originalissima “frutta” protagonista durante la “Commemorazione dei defunti” del successivo giorno 2, tanto da diventarne il dolce per eccellenza, oggi infatti caratteristico dei famosi “cesti regalo”.
Ma a onor della cronaca, esiste anche una seconda versione della leggenda, identica alla prima, ambientata sempre a Palermo ma trecento anni dopo (all’inizio del ‘500) e con interprete non il vescovo ma nientemeno che l’imperatore Carlo V d’Asburgo. La visita imperiale si sarebbe però svolta in estate, periodo in cui i nostri giardini e orti sono traboccanti di ogni ben di Dio e in giorni un po’ lontani dalle festività di novembre: a voi, quindi, scegliere la versione che più vi aggrada.
Ma sicuramente, al di là delle leggende, nella storia della Frutta di Martorana il ‘500 rappresenta senz’altro un secolo cruciale, e più esattamente l’anno 1575, quello del famoso Sinodo dei vescovi siciliani, svoltosi a Mazara del Vallo e che, tra le altre cose in materia gastronomica, accolse la richiesta della Corporazione dei Confettari, stabilendo in loro favore il monopolio sulle creazioni di Pasta reale e contestualmente proibendo, quindi, alle suore della “Martorana” di dedicarsi alla produzione della “Frutta” che secoli prima avevano genialmente inventato. Il motivo? Eccessiva deconcentrazione dalla riflessione monacale. E nell’800, per la preparazione di questi dolci, gli stessi Confettari iniziarono inoltre a utilizzare una sostanza (estratta dalla corteccia di una particolare pianta di origine orientale), la resina di benzoino, che donava lucidità alle creazioni di Pasta reale, la stessa che le caratterizza ancora oggi.
Ma veniamo ai nostri giorni, quelli in cui la preparazione dei dolci “di Martorana” si è trasformata in una vera e propria sfida alla creazione più originale, accompagnata dall’assoluta perfezione dei dettagli. Infatti, proprio nel periodo antecedente le festività religiose dei primi due giorni di novembre, le vetrine delle pasticcerie di tutta la Sicilia sono abbellite da esposizioni tra le più strabilianti. Non solo frutti e ortaggi, che come da tradizione non possono mai mancare, ma anche altro, molto altro. Dalle mafaldine imbottite con la mortadella ai panini con le panelle, dalle bambole alle case, dai robot agli attrezzi di un’officina, è tutto un brulicare di “oggetti” straordinariamente simili a quelli veri, ma dal cuore di mandorla, mangiabili e buonissimi.
Certo, magari poi, a volte, la troppa fantasia stroppia, ma chi siamo noi per decidere se un fico d’india sia più buono di una chiave inglese o un’anguria di un fuligginoso camino di una villetta?!