Sicilia gastronomica. L’appuntamento del venerdì con la rubrica di Antonio Fragapane
Pasta frolla sagomata a ventaglio, oppure a rombo. Ma anche a quadrato, leggermente tondeggiante. L’importante è che la farcitura sia di fichi, quindi scura, morbida e molto dolce al palato. Letteralmente irresistibile.
Cosa sono? I Buccellati, dolci siciliani tradizionali del periodo natalizio, che però da qualche anno a questa parte sono mangiabili tutto l’anno. Per fortuna.
Ma, ovviamente, questa meraviglia per le nostre papille può anche non avere un’anima solo bruna. Ne esiste, infatti, una poco conosciuta variante dal cuore chiaro, un ripieno alle mandorle, anch’esso strabiliante. Ed entrambe le versioni costituiscono una delle tante medaglie del palmarès della gastronomia siciliana, dalla doppia natura e dalla duplice essenza. Perché quando ci si trova di fronte a un bivio, bisogna scegliere sempre e, soprattutto, andare avanti. E la cosa davvero straordinaria è che, in questo caso, le due strade si potranno percorrere parallelamente e contemporaneamente. Ma il viaggio di cui stiamo scrivendo non è per niente finito qui, anzi siamo solo all’inizio, perché i Buccellati sono “figli” nobili di cotanto “padre”: il Buccellato, sovrano assoluto dei tipici dolci natalizi siciliani, presenza che non può di certo mancare su ogni tavola isolana apparecchiata a festa tra presepi allestiti e alberi decorati.
Anche in questo caso, dobbiamo partire da molto lontano, ed esattamente dalla buccella, nientemeno che il pane a forma di ciambella che, nella Roma imperiale, era distribuito gratuitamente tra la popolazione in occasione delle feste pubbliche. Tale particolare pane faceva parte della tipologia buccellatum, ovvero un cibo da poter dividere in tanti piccoli bocconi morbidi (buccelli). Tra il panificatus degli antichi romani e il Buccellato odierno, dobbiamo però inserire i fondamentali apporti della dominazione saracena e di quella spagnola, proprio perché la farcitura di questo succulentissimo dolce costituisce un generoso lascito di questi due popoli, nostri risalenti signori. Alla prima, infatti, dobbiamo la pasta frolla, la frutta secca, la cannella e gli agrumi, alla seconda, invece, il cioccolato fondente e i canditi decorativi.
Quindi, ricapitolando, immaginiamo circa duemila anni di storia della Sicilia trasformarsi magicamente in una profumata ciambella di pasta frolla, all’esterno, lucida (perché ricoperta di miele) e decorata con canditi e minuscoli cilindri di zucchero di vari colori, e, all’interno, farcita con un ripieno di fichi, mandorle, uva passa, noci, pinoli, nocciole, pistacchi, zuccata, scorza d’arancia e cioccolato fondente. Una caratteristica estetica unica del Buccellato (ripresa poi anche per i più piccoli Buccellati), inoltre, è che la pasta frolla, durante la preparazione, viene “pizzicata” in modo tale che, cuocendo, si formi una sorta di reticolato decorativo da cui sia possibile intravedere il suo ripieno ancora prima di tagliare il dolce per servirlo. E questa tipicità ornamentale è stata concepita proprio in relazione all’importanza che il Buccellato, un tempo, ricopriva sulle nostre tavole imbandite: veniva letteralmente esposto come un centrotavola, magistralmente cesellato e bellissimo da osservare, per poi essere mangiato alla fine del pasto.
Dal pane imperiale delle feste romane al dolce espositivo, fino ai golosi bocconcini in pasta frolla che ancora oggi noi amiamo assaporare: la gastronomia siciliana è sempre più un lunghissimo viaggio che merita d’essere vissuto (e assaggiato) fino in fondo.